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La mediazione: privatizzazione della giustizia? – 2

La mediazione: privatizzazione della giustizia? – 2
Gennaio 10
23:00 2011

Giustizia1Cerchiamo ora di approfondire i contenuti del nuovo istituto della mediazione conciliativa, introdotto con il Decreto Legislativo 4.3.2010 n. 28. Si tratta di una novità che, a regime, è destinata a modificare profondamente il processo civile e il sistema di soluzione delle controversie in molte materie civili e commerciali, che il nostro legislatore ha mutuato dai sistemi giudiziari anglosassoni, dove il ricorso a procedure di conciliazione gestite da soggetti privati è assai frequente e ormai radicato nella coscienza comune. In Italia, forte di una tradizione e cultura giuridica millenaria che affonda le sue radici nel Diritto Romano, i tentativi finora effettuati per introdurre procedure di conciliazione privata – non gestite all’interno di un tradizionale processo e con le garanzie che tale procedimento può offrire – hanno avuto scarso successo anche per la diffidenza degli operatori del diritto verso tali procedure. Per tale motivo, nel tentativo di avvicinare i cittadini a questo nuovo modo di affrontare e gestire la soluzione delle controversie, il Decreto Legislativo ha introdotto tre tipi di mediazione:
· facoltativa, ovvero liberamente scelta dalle parti (ma soltanto fino al prossimo marzo 2011);
· obbligatoria, che entrerà in vigore il prossimo marzo e che dovrà essere esperita prima di poter avviare un giudizio ordinario;
· giudiziale, quando è il giudice, nel corso di giudizi già avviati, a invitare le parti a intraprendere un percorso di mediazione.
In tutti i casi, la mediazione è svolta da un soggetto terzo, che deve offrire garanzie di assoluta imparzialità ed è finalizzata ad assistere le parti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia (mediazione compositiva), oppure nella formulazione di una proposta per la risoluzione della controversia (mediazione propositiva). La mediazione, dunque, è lo strumento per addivenire alla conciliazione con l’ausilio degli organismi, enti pubblici o privati, abilitati a svolgere il procedimento di mediazione ma senza avere l’autorità per imporre alle parti una soluzione, come invece avviene per il giudice ordinario. Ciò significa che per andare a buon fine, la mediazione conciliativa presuppone una collaborazione fattiva delle parti che dovranno accettare la proposta di accordo formulata dal mediatore; in caso negativo quest’ultimo non potrà prendere alcuna decisione e le parti dovranno quindi rivolgersi al tribunale ordinario per risolvere la controversia. Per svolgere tale attività, i mediatori dovranno acquisire un’abilitazione ed essere iscritti in un registro istituito presso il Ministero della Giustizia; a tutt’oggi il Ministero ha ricevuto circa seicento richieste d’iscrizione da parte di altrettanti organismi di mediazione, sia pubblici (quelli istituiti dai vari ordini professionali) sia privati. Il mediatore dovrá essere un soggetto assolutamente imparziale e non legato da alcun rapporto con le parti. Potrà anche essere un avvocato, ma non il legale di fiducia di una delle parti. Il procedimento di mediazione avrà una durata massima di quattro mesi, durante i quali il mediatore, designato dall’organismo di mediazione prescelto, convoca le parti e i difensori, nel caso questi ultimi siano stati nominati dalla parti, per ascoltare le rispettive posizioni, esamina gli atti e i documenti prodotti, formula la soluzione amichevole che le parti saranno libere di accettare o rifiutare. La presenza dei difensori non é obbligatoria, ma é facoltà delle parti nominare un avvocato per l’assistenza legale e per il compimento di tutte le attività procedurali della mediazione. In tal caso il difensore dovrà essere presente durante tutte le fasi del procedimento di mediazione. Questo nuovo istituto ha suscitato notevoli perplessità tra i giuristi e soprattutto nella classe forense rappresentata dei vari ordini professionali degli avvocati. Non è mancato chi ha avanzato dubbi – a mio avviso fondati – circa la legittimità costituzionale di alcuni suoi passaggi, quali quello che non prevede l’assistenza obbligatoria degli avvocati difensori, o quello che impone l’obbligatorietà della mediazione prima di poter adire un giudice ordinario. La presenza obbligatoria del difensore nel procedimento, appare, infatti, indispensabile per evitare un vulnus ai diritti dei cittadini, che rischiano di non essere adeguatamente tutelati, con ingiusto vantaggio di controparti più forti contrattualmente e giuridicamente più preparate. Inoltre, rendere obbligatorio il ricorso alla mediazione, prima di poter dar corso a un giudizio ordinario in tribunale, rischia di costituire un ulteriore aggravamento dei tempi e dei costi del processo, in tutti quei numerosi casi in cui la controversia, per le sue caratteristiche o per il numero elevato delle parti in causa o per la necessità di un’attività istruttoria da svolgere, non si presta a una definizione conciliativa. In questi casi imporre il passaggio preventivo al tentativo di mediazione significa solo rimandare di quattro mesi l’avvio del giudizio contenzioso, vanificando la finalità deflattiva del nuovo istituto e tramutandolo solo in un’altra “tassa” da pagare per i cittadini in termini di costi e tempi. A ciò si aggiunga che l’obbligatorietà della mediazione contrasta con la logica stessa della conciliazione, così come delineata dal legislatore. Se è vero, infatti, che nello spirito del Decreto Legislativo, la mediazione non è strumento di tutela di diritti ma mezzo di composizione d’interessi contrapposti, evidentemente essa può riuscire solo a condizione che gli interessati “scelgano liberamente” di intraprendere un simile percorso. In quest’ottica è, allora, frutto di un errore di prospettiva la norma che attribuisce al mediatore la possibilità di formulare sempre una proposta di conciliazione, anche senza la richiesta delle parti, con le conseguenze di un aggravio delle spese nel successivo processo statale ove quella proposta non sia accolta. Infatti, in tal caso e qualora la decisone adottata dal Giudice nel successivo processo ordinario coincida con la proposta conciliativa non accettata, la parte che l’aveva rifiutata sará condannata al pagamento integrale delle spese del processo e di quelle della procedura mediatoria, anche se risultasse vincitrice nel processo. Per superare tali criticità, sono già state sottoposte al Ministro della Giustizia varie proposte di modifica del Decreto Legislativo (tra cui significativa appare la proposta avanzata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma in occasione del recente Forum della Giustizia tenutosi a Rimini la scorsa settimana) che mirano a migliorare il procedimento di mediazione, per renderlo uno strumento veramente efficace per deflazionare la giustizia ordinaria, ma al tempo stesso rispettoso dei principi costituzionali fondamentali, quali sono il diritto di difesa nel processo e, prima ancora, il diritto di accesso alla giustizia, che non possono essere sacrificati sull’altare di alcuna riforma.Vedremo nei prossimi mesi se e come il Parlamento saprà rispondere alle legittime richieste di modifica del sistema.

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