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O panin’ ‘e Maradona

O panin’ ‘e Maradona
Novembre 27
08:26 2020

(Serena Grizi) Di Diego Armando Maradona ognuno ha il proprio ricordo preciso, simpatico o antipatico (più difficile) che ti sembrasse; e in quanto a ricordi, meglio quelli simpatici al momento, visto che i soliti noti non hanno aspettato nemmeno quelle poche ore di rispetto che si devono alla sorte umana prima di cominciare ad emettere sentenze (poveri decenni moralisti per eccellenza questi!).

Doveva essere l’estate dell’86, una di quelle in cui partecipò ai mondiali e fece un ‘miracoloso’ gol con la mano, da chico accorto che era, ancora un ragazzino con una chioma di capelli neri e ricci da fare invidia anche a Riccardo Cocciante (cantante ancora piuttosto presente su tutte le radio). Una bella estate quella, al mare: tra Terracina e Sperlonga si facevano belle vacanze un po’ più ‘comodi’ di adesso perché il turismo del Lazio centro sud non s’ammassava tutto tra Appia e Flacca per raggiungere quelle spiagge dorate e ognuno si teneva ancora il proprio litorale da Ostia a Nettuno, carino o poco meno che fosse, l’acqua ancora non male, le spiagge non del tutto invase da rifiuti di plastica.

Il successo a Maradona gli sarà apparso sotto forma di assalti benevoli dei tifosi, premi, autografi e soldi dati e presi a manciate, ragazze ai suoi piedi. A noi, non tifosi del Napoli, né particolarmente del calcio, che guardavamo il tutto un po’ da lontano, ci sembrava che la sua popolarità fosse alle stelle perché i chioschetti sulla spiaggia, dalla mattina alla sera, vendevano un panino speciale. Sui volantini colorati che li tappezzavano leggevi «Accattatev’ o panin’ ‘e Maradona». Un panino normale, acquistabile per poche centinaia di lire, ma buono come quelli che sanno confezionare laggiù, sulla riviera D’Ulisse, che per quanto impavido uomo d’avventura, se ne fosse venuto a conoscenza, ne sarebbe stato sicuramente orgoglioso, e lo sarebbe stato pure Diego Armando: la rosetta fresca croccante col prosciutto di Bassiano tagliato a mano e la mozzarella di bufala, oppure farcito mozzarella e pomodoro da insalata tagliato sottile e basilico, sale e olio d’oliva, una meraviglia con in più….un incarto di velina bianca che al centro della rosetta, in cima, riportava l’immagine di Diego Armando con la maglia del Napoli e perciò il campione campeggiava azzurro e abbronzato su quella meraviglia da asporto gustata a pranzo sotto l’ombrellone, e la sera per una cena frugale assieme ad una birra, tutti pigiati attorno ai tavolini sotto le lampade al neon (anche questi banali ricordi fanno riflettere su come cambino le cose…).

Il panino, ovvio, era dedicato a Maradona per il grande affetto e perché chi lo confezionava pensava, come si direbbe oggi, alle ‘eccellenze del territorio’: ottimi ‘prodotti’ del centro e sud del Lazio, sia quelli del panino che l’argentino campione di gol naturalizzato napoletano, là sulla costa dove la Campania è davvero vicina.

Ma noi ragazzini, già qualche anno prima, al liceo, avevamo cominciato con certi foglietti bianchi che ci scambiavamo durante la ricreazione o mentre spendevamo i pomeriggi al ‘muretto’ con gli amici, dopo aver velocemente risolto ‘la questione compiti’: non c’era il computer ma erano di moda una gran quantità di giochi, rompicapo, scambi di storielle e barzellette, tormentoni, e certe ‘catene di sant’Antonio’ (che è evidente che non sono nate con i computer) che si scrivevano a mano sui diari e sui quaderni…Su questi foglietti campeggiava una macchia scura stampata con l’inchiostro, resa anche un po’ slabbrata dalle continue fotocopiature, che a guardarla meglio era la sagoma esatta del volto di Diego Armando giovane, gli spazi bianchi disegnavano gli occhi e il sorriso formidabile: la si doveva fissare per almeno due minuti intensamente e poi guardare verso il cielo azzurro, di giorno. Miracolo (!), si vedeva la sagoma de El Pibe de Oro, stampata bianco e nero lassù nel cielo, che galleggiava sorridente per quell’effetto ottico che dava l’averne impresso il disegno scuro sulla retina a forza di fissarla.

Giochi di tanti anni fa, si dirà, ma è così che viene facile ricordarlo, ora: mentre galleggia nel cielo. Il campione che ha fatto sognare tanti tifosi della sua squadra e anche delle altre, e che li ha fatti arrabbiare; che quasi sicuramente non ha mai saputo del panino e della sua sagoma nel cielo. E che trovò anche la sua strada stando dietro ad un pallone: e lui solo potrebbe giudicarla quella strada, com’è che è stata, come voleva che fosse.  

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