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Ora è altrove: le nuove poesie di Marco Onofrio

Ora è altrove: le nuove poesie di Marco Onofrio
Maggio 23
22:00 2013

ORA E ALTROVEMi immergo nella lettura di questo libro (Lepisma Editore, 2013, pp. 108) e ho una prima sensazione. È come assistessi alla ricostruzione della casa di tutti, la casa originaria, la culla dell’uomo. Culla biologica e culturale. La parola che vedo emergere non si limita a indicare e neanche ad evocare. Offre se stessa con la forza dell’atto creativo, si impone e raggiunge il senso della bellezza. Si impone usando il modo della sentenza, quello che torna in ogni epoca. E questo coraggio genera un clima sapienziale. Come si può, oggi, maturare un simile modo poetico, emanare messaggi secondo un’antica fede, fede negli uomini e nella vita?

Solo attraverso forti metafore. Una sorta di oro, uno strumento dorato, la metafora di questi versi, che dà diritto a chiamare gli altri, parlare alle genti agli angoli delle strade. Si legga “La foglia”, dove si metaforizza il pensiero stesso e dove il rumore contro il silenzio parlante si fa “divorante bruco”. L’autore, sto pensando, si è venuto a trovare in un modo d’essere con la poesia pienamente compatibile. Una corda che non è facile sostegno, ma condizione felice e nobile in sé, per cui nascono doveri e diritti. Il diritto per esempio a produrre pagine incalzanti, dove scrittura è pensiero e pensiero è sentimento. Ciò fa l’uomo autentico, e Marco Onofrio infatti qui compie un’azione storica. Lascia scolpito un segno, una testimonianza: su carta, su tavoletta e infine su pietra. Si coglie in lui un senso di gratitudine per il possesso di un tale sentire, una tale condizione. Trovata con lui la sintonia, il lettore può abbandonarsi: non certo per stanchezza, ma come cavalcasse i versi che incontra, che diventano sempre più canzone. E la canzone allinea gli oggetti e i temi. Dal tempo, un elemento infinito, alla quantità delle nostre presenze. Presenze passate, passanti e future, senza posa, di noi abitatori di un solo piccolo pianeta. Si trova molta anima in questa opera, in quanto ci si può alimentare con gli elementi del corpo e liberarla. Dallo “sperma”, al “fiato”, all'”ossame”. Svetta il personaggio “amore”, legame, confine e congiunzione fra le due parti di ogni singola vita, la provvisoria e l’eterna, quella percepibile e quella dello spirito. L’amore infine recita se stesso, cioè canta in proprio e riempie di note l’aria, quando si arriva alla poesia “È l’amore”. Anche i titoli delle singole poesie risentono di un modo di assoluta invenzione: “Rosso femmina”, “Ai bordi delle nuvole”, “Stelle a mezzogiorno”. Non si può che giungere all’analisi paradossale, cioè poeticamente esclusiva, del “mito” e della “morte”. Come altrimenti entrare nell'”altrove”, promesso dal titolo del libro? Già il moto diviene volo e la voce si fa più ferma. Dopo l’unificazione in se stesso, Marco Onofrio inizia il cammino inverso, che consiste nello sdoppiarsi. Arriva a interrogare Dio, a fare della parola il verbo, la fede nella grande “memoria”. Il qui ed ora è divenuto il sempre e in ogni luogo.

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