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Riflessioni sulla Smart City post Coronavirus

Riflessioni sulla Smart City post Coronavirus
Dicembre 09
07:41 2020

La pandemia sta riscrivendo il nostro modo di convivere. In che modo la pandemia influisce sui processi di trasformazione digitale delle città? Frasi che ascoltiamo tutti i giorni dai media nazionali e locali. “Se una città è distrutta da un incendio o da un terremoto, probabilmente sarà ricostruita con materiali ignifughi o con criteri antisismici. Così con la pandemia le città devono rinascere su basi diverse“,  scrive il presidente di ENEL Michele Crisostomo, presentando la terza edizione dello studio “Città circolari, città di domani” pubblicato lo scorso ottobre e scaricabile da:
  https://www.enel.com/content/dam/enel-com/documenti/media/paper-citta-circolari-2020.pdf
Il documento affronta il tema delle smart city sotto vari profili (energetico, urbanistico, amministrativo e sociale) e raccoglie alcuni esempi internazionali di “buone pratiche”, anche alla luce degli insegnamenti ricavati dall’emergenza Covid-19. “Nell’emergenza  – continua Crisostomo – le città sono diventate rete, connessione, servizi, soccorso, solidarietà. Abbiamo acquisito maggiore consapevolezza di quanto sia essenziale migliorare la qualità delle nostre città, che tornano ad essere ancora una volta luogo antropologico e fisico per una nuova idea di sviluppo”.

Se le nostre città fossero state più intelligenti, più smart come oggi si usa dire, la seconda ondata della pandemia probabilmente non ci avrebbe ridotti nelle condizioni in cui siamo. Lavoro, scuola, mobilità, accessibilità, connessione: tutto sarebbe stato più fluido e ugualmente a portata di tutti, sicché riorganizzare la nostra vita quotidiana in funzione delle nuove regole anti-contagio sarebbe stato più semplice. Così non è stato purtroppo, risultato di politiche decennali di emarginazione sociale per cui le città sono organizzate in funzione del reddito degli abitanti, e conseguentemente anche i servizi accessibili ai cittadini.

Si legge nel documento: “Se si vuole delineare questa nuova idea di sviluppo, non possiamo prescindere dalla sostenibilità. Solo evolvendo in maniera sostenibile le nostre città potranno ancora una volta perpetuare la loro funzione essenziale di sviluppo e protezione delle comunità. In tal senso, è essenziale promuovere competitività economica, inclusione sociale e rispetto per l’ambiente, senza considerare tali obiettivi come alternativi o contrapposti ma sinergici, in una visione che coniughi innovazione e sostenibilità e di cui l’economia circolare rappresenta l’espressione più efficace. In tal senso la transizione verso modelli più circolari di vivere e produrre rappresenta la migliore soluzione ai crescenti problemi delle città di oggi e un passaggio indispensabile per prevenire ancor più gravi squilibri economici e sociali in quelle di domani”.

Ma cosa si intende per città circolari? Il concetto di città circolare è arrivato dopo (e in qualche modo è stato elaborato a partire da) quello di smart city. Sebbene non sia facile operare una netta distinzione, il passaggio da città intelligente a città circolare si traduce nel passaggio da una visione focalizzata principalmente sulle nuove tecnologie e sui vantaggi che queste possono offrire a una visione in cui le tecnologie continuano ad avere un ruolo importante, ma sono inserite in una visione olistica in cui gli obiettivi sono di competitività economica, sostenibilità ambientale e inclusione sociale. Nell’affrontare il tema della trasformazione circolare della città, bisogna considerare la città stessa in tutte le sue dimensioni e nella sovrapposizione tra piani tradizionali e nuovi, collegati alle nuove tecnologie e alla digitalizzazione.

Fino a qualche anno fa, l’espressione economia circolare era spesso riferita al solo settore dei rifiuti, mentre il significato oggi condiviso è quello di un sostanziale ripensamento del modello economico nel suo insieme, a partire dalle fasi iniziali. Sebbene possano esserci molti percorsi, legati a situazioni contingenti, il punto di partenza dev’essere la definizione di una visione dell’economia circolare che interessi l’intero contesto urbano, al fine di consentire una trasformazione efficace su cui possano convergere gli interessi dei cittadini.

L’economia circolare non può essere identificata con un settore specifico o con una singola fase della catena del valore, perché rappresenta una visione generale e un approccio di ripensamento dell’intero modello economico. Da qualsiasi settore si inizi, se l’obiettivo è effettivamente trasformativo, l’approccio deve inevitabilmente abbracciare l’intera catena del valore: per intervenire sulla questione dei rifiuti e ottenere risultati significativi non basta agire sul riciclo finale, ma occorre tornare alla fase di progettazione e produzione. Allo stesso modo, per ridurre il consumo di materiali e fonti energetiche non rinnovabili è necessario agire da un lato sulle risorse utilizzate, passando da fonti non rinnovabili a fonti rinnovabili, e dall’altro sui modelli di utilizzo dell’energia abbracciando un modello di risparmio energetico diffuso. L’innovazione è il motore dell’economia circolare: una transizione di questo tipo non può svilupparsi solo attraverso l’ottimizzazione del modello esistente, ma richiede un profondo ripensamento in tutte le dimensioni. Ciò riguarda gli aspetti tecnologici, organizzativi e di modello economico, oltre a eventuali soluzioni specifiche che rimettono in discussione tradizionali attitudini di consumo.

Dato che è possibile darsi obiettivi e migliorare le proprie azioni solo su ciò che può essere misurato, il concetto di misura e la definizione di una metrica non sono aspetti secondari bensì parte integrante della strategia. Gli indicatori scelti devono essere coerenti e funzionali agli obiettivi strategici e rappresentarne la declinazione, in modo che il raggiungimento degli obiettivi ad essi associati porti alla realizzazione degli obiettivi stessi. Molti indicatori possono essere associati ai diversi aspetti dell’economia circolare, ma non esiste un unico approccio. La cosa importante è che l’insieme dei valori monitorati sia rappresentativo dell’effettivo disaccoppiamento tra attività economiche e consumo di risorse non rinnovabili: adottare valori e indicatori poco rilevanti o addirittura errati può portare a scelte che vanno nella direzione opposta a quella dell’economia circolare. Inoltre, mentre per la questione della decarbonizzazione esiste un indicatore finale associato alle emissioni, per quanto riguarda l’economia circolare non ne esiste uno unico ma, in linea con la definizione di economia circolare come «disaccoppiamento tra attività economiche e consumo di risorse non rinnovabili», vanno analizzate varie dimensioni che riguardano sia le fasi di inizio, di progettazione e di chiusura del ciclo, sia le modalità di utilizzo.

Per approfondimenti sul tema degli indicatori e delle metriche, temi da sempre cari a Velletri 2030, si rimanda all’ultima pubblicazione di Velletri 2030 “Misurare la Comunità per uno Sviluppo Sostenibile“, scaricabile da: https://www.velletri2030.it/MISURIAMO_2019.pdf

Lo scoppio della pandemia all’inizio del 2020 ha avuto un impatto significativo sulla vita nelle città nell’immediato, ma lo avrà anche nel medio e nel lungo termine. Se da un lato i recenti eventi hanno consolidato la consapevolezza – che già stava maturando prima della pandemia – della necessità di una transizione verso un modello economico sostenibile, dall’altro hanno introdotto aspetti nuovi di cui bisognerà tenere conto in futuro.  Fondamentali sono: la necessità della transizione verso un modello di sviluppo sostenibile, compatibile con i limiti ambientali del pianeta; la necessità di ripensare l’interazione fisica grazie alla digitalizzazione, alla gestione degli spazi abitativi e lavorativi e allo stesso uso dei mezzi di trasporto; la necessità di avere città più flessibili e resilienti in termini di approvvigionamenti, utilizzo degli spazi e del trasporto pubblico.

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