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Ancora possibile, fino a domenica 28, assistere presso il teatro Agorà di Roma allo spettacolo teatrale “Voci al chiaro di luna” di Harold Pinter, premio Nobel per la Letteratura nel 2005, adattato dal regista Claudio Luti ed interpretato dagli attori della Compagnia Proteus 2001: Gloria Annovazzi, Fausta Cotone, Fabio Gagliardi, Laura Gagliardi, Gigi Ortalli, Angelo Pavani e Brando Taccini. Un’ora e dieci minuti di pure atmosfere rarefatte, con costumi e scenografie ridotte al minimo; luci ed ombre in alternanza per mettere in evidenza gli attori mentre recitano; linguaggio cinico, moderno, spiazzante e geniale; musiche di sottofondo o intercalate alla dizione a cura di Francesco Fantera. Il tutto per dare rilievo a due testi dell’autore, presentandoli uno dopo l’altro, ovvero un incontro in due quadri: “Voci” e “Chiaro di Luna”, quest’ultimo composto nel 1993.
Filo conduttore di entrambi i lavori l’incomunicabilità, specialmente quella in ambito familiare, tra genitori e figli; la rievocazione nostalgica o rabbiosa di un passato e di un’infanzia idilliaca, con conseguente senso di confusione e perdita d’identità.
La narrazione si svolge con uno scambio di lettere (lette a voce alta e forse mai spedite) tra una mamma possessiva e un figlio oppresso, andato via di casa. Non si capisce bene se il ragazzo e la madre stiano comunicando od esprimendo pensieri a voce alta. Al termine del primo quadro interviene il padre, una sorta di fantasma che crea un’atmosfera surreale e raggelante.
L’incapacità di comunicare persiste anche nel secondo quadro: un padre, il cinquantenne Andy, è in punto di morte, la moglie Bel lo assiste, mentre i due figli maschi, interessati solo all’eredità del genitore, parlano tra loro, psicologicamente lontani e assenti; una figlia adolescente, Bridget, forse morta da tempo, appare e scompare durante la notte quando tutti dormono, al chiaro di luna, presenza enigmatica che vaga nel ricordo dei momenti trascorsi in famiglia. Emergono gli amici più cari della coppia: Maria e Ralph, a suo tempo vecchi amanti che rievocano storie di tradimenti e passioni represse. Su tutto incombe la morte.
Ed il linguaggio di Pinter, così ambiguo, alternato a pause e silenzi, a domande che non avranno mai risposta, rende ancora più drammatica la consapevolezza che la vita è un passaggio e che ha un senso solo se riesce a sviluppare solidarietà, un dialogo con l’altro e relazioni fondate sull’amore, non alienanti o incentrate quasi sul nulla.
Teatro Agorà, Via della Penitenza 33, Roma.