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Zicchete&Zacchete

Giugno 27
10:03 2009

Un giorno che pioveva e i tuoni facevano tremare i vetri delle finestre, Germana si rinchiuse dentro la stanzetta ingombra degli attrezzi di lavoro di suo padre, manovale a giornata, che stava rifinendo la casa poco per volta dopo averla tirata su a pietre e calcina e sudore e sputo.
Germana aveva portato con sé la sua sacchetta piena di pezzuole colorate, fili di cotone e di lana, ago e ditale, bottoni d’osso e di vetro, la forbice con cui suo padre si tagliava i peli del naso e delle orecchie e la sua vecchia bambola di coccio. “Hai freddo, piccolina?” andava chiedendo alla sua bambola Germana mentre sistemava in un angolo della stanza tutte le sue cose, preparandosi a giocare a mamma e figlia. Un lampo illuminò per un secondo il muro crudo della stanza e Germana tappò le orecchie alla sua bambola prima che arrivasse il tuono. “Non aver paura, piccolina, non è niente, fra poco vedrai che torna il sole”, andava dicendo dolcemente Germana mentre finiva di svuotare la sua sacchetta sulla palanca di legno che aveva ricoperto con una logora tovaglietta a fiori.
“Ora mamma ti cuce il vestitino caldo per l’inverno, e poi ti prepara le scarpette di lana e il cappellino. Così quando viene Natale e andiamo alla messa di mezzanotte la mia bambina sarà la più elegante di tutte”, andava dicendo Germana mentre spianava pezzuole, districava fili, allineava bottoni.
La porta si aprì ed entrò a piccoli passi Loreta, nera di capelli e di pelle, con gli occhi scuri e le sopracciglia folte e i denti sporgenti. Scivolando lungo il muro arrivò nell’angolo dove Germana stava preparando il suo tavolo da lavoro e se ne stette in silenzio ad osservare ogni suo gesto. Stringeva al petto la sua bambola con i capelli dorati e un vestito di lamé celeste e un ombrellino dello stesso tessuto appeso alla cintura.
Senza dirsi nulla le due amichette sedettero e si scambiarono le bambole. Aveva smesso di piovere ma il cielo era rimasto imbronciato e l’umidità della stanza senza intonaco e senza pavimento entrava sotto la pelle.
Germana con le sue treccine bionde e gli occhi chiari e le fattezze delicate appariva più piccola di Loreta, ma avevano la stessa età. Il prossimo anno sarebbero andate tutte e due alla stessa scuola lontana più di un chilometro dalle loro case costruite in campagna su due lotti confinanti. Erano cresciute insieme, nei paraggi non c’erano altre bambine ma solo i loro fratelli che andavano a caccia di lucertole o giocavano alla guerra.
“Che fai?” chiese Loreta.
“Preparo il vestito per l’inverno a Matilde”, così Germana chiamava la sua bambola.
“Le bambole portano sempre lo stesso vestito, mica sentono caldo o freddo come noi”.
“Questo lo dici tu. La mia Matilde sente il caldo e il freddo come lo sento io che sono la sua mamma”, ribatté Germana.
“E allora perché la fai stare scalza e nuda e pure senza ombrello quando piove?
“Qui dentro non ci piove”, disse offesa Germana. “E se tu non fossi venuta a disturbarmi già le avrei messo il vestito nuovo”.
“Il vestito nuovo fatto di stracci, ma che dici?”
Germana prese Loreta per i capelli e tirò con tutte le sue forze. Loreta senza difendersi cominciò ad urlare e Germana per farla tacere le infilò un gomitolo di lana in bocca.
“Zitta, sennò ti taglio i capelli”, le disse, e dalle minacce passò subito ai fatti.
Zac zac zacchete, e i capelli di Loreta si sparsero volando sul pavimento.
Germana era rimasta con le forbici in mano a guardare compiaciuta il risultato del suo lavoro. Loreta si sfilò il gomitolo di lana dalla bocca e agguantata la sua bambola fece per scappare via, ma Germana armeggiando con le forbici la costrinse di nuovo a sedere e le disse con dolcezza: “Ora ti sistemo meglio i capelli, ma devi stare ferma”.
Loreta restò ferma come una statua, con gli occhi più scuri che mai sotto le sopracciglia aggrondate. Germana lavorò con comodo sulla testa della sua amichetta, fino a che non fu completamente soddisfatta; sembrava che sulla testa Loreta portasse un elmetto di ferro, come quello che aveva visto sulla testa di un soldato con la baionetta inastata, illustrato sul libro di storia dei fratelli.
“Così sei proprio carina”, disse Germana riponendo le forbici. Poi prese a spazzare il pavimento ammucchiando i capelli.
Loreta piangeva come una fontana. Coi denti più in fuori che mai ora che aveva la faccia completamente allo scoperto.
“Sai una cosa?” disse Germana, sedendole accanto meditabonda. “Da grande farò la parrucchiera, ho deciso. Aprirò un grande salone al centro del paese, pieno di specchi e di tende bianche e blu e lampadari di cristallo, e lo chiamerò “Zicchete&Zacchete”. Poi coi capelli che taglierò ci farò le parrucche su misura”.
E tanto per cominciare, Germana prese a confezionare con i capelli scuri di Loreta una parrucca per la sua bambola bionda, e le riuscì così bene, e ne fu così entusiasta, che da quel giorno tutti si guardarono da lei per tema di venir rasati a zero dalle sue forbici affilatissime, e vedere poi i propri capelli trasformati in parrucche per signora.

 

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