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Aspetti economici della globalizzazione

Luglio 12
08:59 2010

I principali aspetti economici della globalizzazione riguardano la produzione, il Mercato Mondiale, le disuguaglianze nella disponibilità delle risorse e il Governo dell’Economia Globale, costituito da alcune istituzioni mondiali che sovrintendono all’economia mondiale, quali la Banca Mondiale, fondata nel 1994, il World Trade Organization (WTO), fondato nel 1995, e il Monetary Found International.

La politica di queste istituzioni è stata fortemente criticata in quanto non si è registrata, nel corso del tempo, nessuna significativa riduzione della forbice esistente tra paesi ricchi e paesi poveri. Vediamo, una ad una, le principali caratteristiche economiche del fenomeno globale.
La produzione: i modelli produttivi americani ed europei erano basati sul modello “taylorista e fordista”. Tali metodi erano autoritari e fornivano scarse motivazioni per un impegno dei lavoratori a raggiungere una più alta qualità dei prodotti. Il modello giapponese, al contrario, è basato sulla partecipazione degli operai alla gestione dell’impresa: le innovazioni proposte dai singoli sono richieste e premiate. I grandi gruppi occidentali hanno cercato di applicare il più possibile il modello giapponese alla propria cultura del lavoro. Un altro aspetto della nuova rivoluzione è la possibilità di produrre automobili o altri beni di consumo in luoghi e industrie separate facenti parte dello stesso gruppo di aziende (delocalizzazione). La Fiat, ad esempio, ha ampliato la sua rete di produzione in Polonia, Russia, Argentina, Brasile e Turchia.
Il mercato mondiale: nel XX secolo si diffonde una produzione di massa insieme a una tendenza alla differenziazione degli individui, come spiega il sociologo Simmel. Da un lato la produzione mette a disposizione un numero sempre crescente di indumenti, dall’altro ogni individuo cerca in tutti i modi di differenziarsi dagli altri. Ma, siccome i simboli e gli abiti che ci dovrebbero differenziare dagli altri sono comuni a gruppi di persone, si finisce con l’essere omologati. Dal desiderio di essere diversi parte, dunque, l’esigenza di seguire nuove mode e tendenze, e la produzione, che conosce bene questo meccanismo, lo utilizza con ottimi risultati. I gruppi produttori di capi firmati, per abbattere i costi di manodopera e aumentare i profitti, inviano la produzione in altri paesi (delocalizzazione) nei quali possono godere di numerose esenzioni fiscali e dove manca un sistema di garanzie giuridiche: condizioni di lavoro pessime e senza un orario di lavoro ben delineato, difficoltà alla formazione di sindacati, possibilità di essere licenziati senza alcuna giusta causa, impianti di aerazione mal funzionanti ecc. Lo sfruttamento dei lavoratori dei paesi in via di sviluppo va a tutto vantaggio di queste imprese. Spesso i modelli proposti dai gruppi firmati nascono da rielaborazioni di modi di vestirsi, di parlare, di consumare dei giovani alternativi alla moda imposta dai gruppi dominanti.
Le disuguaglianze nella disponibilità delle risorse: vi sono dei limiti all’uso delle risorse ambientali perché la Terra non può sopportare uno sfruttamento eccessivo. Se questo limite sia già stato raggiunto o meno, è una questione aperta; il dibattito mondiale in corso vede opporsi due tesi: secondo la prima, avanzata soprattutto dagli Stati Uniti d’America, i limiti dello sviluppo non sono ancora stati raggiunti; la seconda ipotesi, sostenuta da varie organizzazioni ambientaliste e non governative (Ong), sostiene invece il contrario. Nella Conferenza di Rio de Janeiro (1992) è stata approvata una linea di condotta definita “sviluppo sostenibile” ma, poiché da allora non è cambiato quasi nulla, nella Conferenza di Johannesburg (2002) la questione è stata di nuovo affrontata e nel frattempo è intervenuto il protocollo di Kyoto, tendente a stabilire vincoli ambientali alle politiche economiche.
Il governo dell’economia globale: data la carenza d’impostazione di politiche per lo sviluppo, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (Onu) ha indicato una serie di obiettivi da raggiungere entro 10, 15 e 20 anni. Dal punto di vista economico andrebbe controllato il libero sistema finanziario e di scambi mediante un serio impegno per la creazione, in ogni paese, di una politica capace di limitare il divario di ricchezza sia a livello nazionale che internazionale. Inoltre, gli obiettivi da raggiungere riguardano l’istituzione di un programma coordinato per la moratoria dei debiti dei paesi poveri fortemente indebitati; un generoso aiuto ufficiale (Official Development Assistance) per i paesi impegnati nei programmi di riduzione della povertà; raggiungere la cooperazione con le case farmaceutiche per fornire ai paesi in via di sviluppo medicine essenziali; realizzare strategie per creare lavoro produttivo per i 66 milioni di giovani senza occupazione, più del 40% del totale dei disoccupati nel mondo. Per uscire dalla crisi mondiale che ci sta investendo e garantire nuovamente fiducia ai mercati, molti sono stati gli interventi e le soluzioni progettati dai grandi della terra. Tuttavia, ancora oggi, tali interventi e tali soluzioni non sono stati applicati concretamente.

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