Dimmi che titoli hai e ti dirò chi sei
Ho letto con molto piacere l’articolo di Aldo Onorati I grandi esclusi dal Nobel, pubblicato nel numero di maggio della nostra Rivista. Non solo ne condivido pienamente il messaggio, ma sento il dovere di rafforzarlo apportando il mio modesto contributo all’elenco (ovviamente appena accennato) dei grandi esclusi dal Nobel, che non riguarda soltanto letterati ma anche grandi scienziati, ignorati, volutamente o no, da quella che ormai viene considerata la più grande onorificenza mondiale per chi, in un campo o nell’altro, ha contribuito ad accrescere il patrimonio culturale dell’umanità.
I premi e le onorificenze sono sempre esistiti ma oggi, molto più che nel passato, è diffuso l’abito mentale di valutare (e ahimè anche giudicare!) una persona in base ai suoi titoli. In quest’ottica, ovviamente, il “Nobel” assegnato a uno studioso ne sancisce quasi l’ingresso nel Pantheon dei grandi. Insomma, il biglietto da visita che generalmente condiziona la considerazione e la stima (a priori) di una persona, a parte il Nobel, è oggi l’elenco dei suoi titoli, accademici o derivanti da premi. Ovviamente titoli accademici e premi sono importanti in sé e del tutto degni di rispetto. Ciò che, invece, è meno accettabile è il prenderli a priori sempre apoditticamente come un riconoscimento “assoluto” e insindacabile. Voglio soltanto dare qualche piccolo cenno a casi illustri (e di largo dominio pubblico) che dovrebbero far riflettere sul valore, invece, sempre e soltanto “relativo” di riconoscimenti ufficiali anche prestigiosi o, per converso, di disconoscimenti altrettanto ufficiali. Galilei aveva cominciato gli studi universitari di medicina (spinto da pressioni familiari) che però abbandonò per dedicarsi agli studi prediletti di matematica e fisica, divenendo il “padre della scienza moderna”, titolo universalmente riconosciutogli in primis dal sommo Newton. Galilei non si laureò mai in nessuna disciplina, ma divenne professore all’Università di Pavia. Oggi una cosa del genere sarebbe inconcepibile con la burocrazia che attanaglia sempre più anche il campo della cultura, che invece dovrebbe esserne totalmente esente. Per diventare professore universitario occorre prima aver “conquistato” vari titoli: oltre l’ovvia laurea, il dottorato di ricerca, un master di 1° e 2° livello (e chi più ne ha più ne metta), concorsi, pubblicazioni (spesso di cui ahimè non si è realmente autori, ma condivise con chi invece lo è veramente) il cui valore reale molte volte non viene valutato (basta il titolo e il codice internazionale di pubblicazione) perché non c’è tempo per leggerle. E poi naturalmente una lunga provata dimostrazione di “asservimento” alle idee del professore “mentore”. Questa prassi, però, non ha dato più altri Galilei al mondo. E la cattedra per chiara fama assegnata a Ettore Majorana per la fisica teorica, senza alcun concorso, sarebbe oggi (anche se esistesse un novello Majorana) inammissibile per il rigido apparato burocratico di cui sono vittime la scuola e l’università. Tornando ai Nobel esclusi, dei quali giustamente parla Aldo Onorati, potrà essere di conforto sapere che non sono stati colpiti dall’esclusione soltanto grandi letterati, ma anche grandi scienziati. Non voglio impantanarmi in un elenco che, oltre che lungo, sarebbe necessariamente incompleto dando torto a qualcuno, per mia stessa ignoranza o negligenza. Certamente vengono in mente subito tanti nostri scienziati che avrebbero meritato il Nobel. Per esempio Edoardo Amaldi ed Ettore Majorana per la Fisica, che tutti conoscono, e Bruno de Finetti per l’Economia, il cui lavoro Il problema dei pieni del 1937 (ma pubblicato nel 1940) è oggi ufficialmente riconosciuto anche all’estero come la fondazione della moderna teoria della finanza, contenendo fondamentali metodi e risultati (approccio media-varianza alla teoria del portafoglio) che nel 1952, ma indipendentemente, furono ottenuti e utilizzati da Harry Markowitz in alcuni suoi lavori che, nel 1990, gli fruttarono il premio Nobel per l’Economia. Lo stesso Markowitz ha poi riconosciuto che i risultati ottenuti nel 1940 da de Finetti coincidono con quelli da lui ottenuti e per i quali prese il Nobel. Anche Franco Modigliani, quando ricevette il Nobel per l’Economia, riconobbe che lo stesso premio sarebbe spettato al de Finetti, che invece si dovette accontentare di una laurea honoris causa in Economia alla Luiss di Roma nel 1982, ossia appena tre anni prima della sua morte. Non sempre, poi, il Nobel riconosce il contributo realmente più importante di chi ne è premiato. Per esempio, Albert Einstein ricevette il Nobel non per l’opera sua più gigantesca e a tutti nota, la Teoria della Relatività, ma per la spiegazione dell’effetto fotoelettrico, sicuramente importantissimo ma non certo della portata scientifica e filosofica della Relatività. Questo, pare, per la riluttanza, almeno di un tempo, della Commissione di Stoccolma a premiare gli studi teorici favorendo invece i contributi più pratici. E ancora Bertrand Russell fu premiato col Nobel non per i suoi fondamentali studi di logico-matematico e filosofo della scienza, ma per la letteratura! C’è stato poi chi, pur essendo oggi universalmente riconosciuto come uno dei più grandi scienziati, è stato escluso malgrado le ripetute e autorevoli segnalazioni: Henri Poincaré, matematico, fisico teorico e filosofo sommo, precursore della stessa Teoria della Relatività, fu proposto per il Nobel per la Fisica fin dal 1903 per vari anni senza successo finché, in una lettera a Painlevé del 3 febbraio 1909, Mittag-Leffler, propugnatore, all’interno dell’Accademia delle Scienze, del Nobel ai fisici teorici scrive: Se ci sarà la minima possibilità che questa volta Poincaré possa passare, noi lasceremo cadere la proposta nostra «più pesante dell’aria»1 e faremo tutto il possibile per far passare Poincaré. Ma io non credo che questa volta passerà la candidatura di Poincaré. La commissione Nobel per la Fisica è composta da Ångström (presidente), Granqvist, Hildebrandson, Hasselberg, Arrhenius, un insieme di individui che non comprendono nulla di teoria e sono incapaci di comprendere la minima frase anche degli scritti divulgativi di Poincaré.2 E per finire, la matematica è esclusa dal Nobel: evidentemente era troppo teorica per il suo fondatore, Alfred Nobel, scopritore della dinamite. Per sopperire a questa imperdonabile esclusione, è stato istituito un premio internazionale equivalente al Nobel per importanza, ma riservato ai matematici: la medaglia Fields. Dunque, coraggio: se non otterrete il Nobel avrete sempre buone speranze di essere ricordati (alla vostra morte, però…) come grandi uomini!
Un elenco completo e ragionato dei premi Nobel si trova in http://it.wikipedia.org/wiki/Portale:Premi_Nobel.
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1 Si riferisce alla candidatura per il Nobel dei fratelli Wright e Voisin per l’invenzione dell’aeroplano.
2 Una bellissima e puntuale ricostruzione dei retroscena dei numerosi tentativi di candidatura di Poincaré al premio Nobel è stata recentemente pubblicata dall’insigne storico della matematica Pietro Nastasi, nell’ultimo numero di «Lettera Matematica Pristem» (nn.84,85) dedicato al sommo scienziato francese (p. 86, Un Nobel per Poincaré?).
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