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Erich Fromm tra amore e libertà

Erich Fromm tra amore e libertà
Marzo 10
02:00 2008

Nelle sue disquisizioni sull’amore, Erich Fromm va ben oltre la relazione di coppia, mentre si riferisce a un’attitudine, un’inclinazione che determina i rapporti del singolo col mondo. Esso non si riduce alla “passione” travolgente dell’amore erotico, né alla dedizione in quanto abnegazione: chi ama contribuisce alla realizzazione dell’altro come persona e attraverso lui questi esprime la parte migliore di sé, conosce e ama il mondo. Utilizzando un’accezione di Spinoza, l’amore per Fromm non è affetto “passivo” poiché l’uomo non è oggetto di devozione, ma sforzo “attivo”, energia che si trasforma nella capacità, per l’individuo, di uscire dalla sfera privata e integrarsi nel tessuto sociale. Il termine, che non designa meramente un sentimento, ma un’attività fondata su una scelta, una promessa e un impegno, deriva dal verbo “amare” e indica, dunque, un’azione. L’attività dell’anima è, tuttavia, la più nobile: la meditazione arricchisce l’unità di una persona col mondo più di ogni azione fisica. Fromm chiama in causa valori e concetti imprescindibili dall’amore: premura, responsabilità, rispetto, conoscenza. Il primo indica un inter-esse per la crescita di colui che si ama; chiama in causa il significato di affetto “attivo” e implica cure, rispetto e comprensione dell’altro. Il secondo designa una risposta volontaria, non un dovere: chi ama risponde a un bisogno, pure inespresso, dell’altro. Il terzo deriva da “respicere”, cioè “guardare”: è la capacità di vedere e conoscere l’unicità di una persona e il desiderio che si realizzi. Vivificata dall’inter-esse, la conoscenza, in quanto aspetto dell’amore, è possibile solo se si riesce a mettere da parte le opinioni personali e ad annullarsi per vedere l’altro quale è, ascoltare e comprendere le sue motivazioni. Richiede virtù come umiltà e coraggio, la cui forza deriva da una propensione ad agire e donare. Ciò assume maggior valore quando non rientra nella sfera delle cose materiali, ma nel regno dell’anima: dare se stessi ovvero la propria gioia, il proprio interesse, il proprio umorismo, la propria tristezza, nobilita il proprio sé prima ancora dell’altro; il fatto che nell’atto del donare ci si senta più vivi è la prova che ciò non è privazione, ma arricchimento. Vuol dire chiamare qualcuno a condividere la gioia di sentirsi vivi, far nascere una vita che unisce entrambi. “Dare dà più gioia che ricevere” poiché è “la più alta espressione di potenza”. L’illusione che deriva dall’innamoramento, imprevista caduta delle barriere tra due estranei, risponde al bisogno di superare il senso di solitudine dell’uomo. Egli va alla ricerca di condizioni e vincoli alla propria libertà, che pure vuole scegliere liberamente. Fromm discerne l’amore maturo di chi non cerca nell’altro parti non realizzate o perdute di sé, grazie ad azioni creative che lo integrano nel mondo attraverso un rapporto dinamico con se stesso. L’espressione libera e spontanea lo rende autonomo e cosciente di sé come individuo attivo e creativo che riconosce il “significato della vita: l’atto stesso di vivere”. La capacità di stare soli è condizione prima per la capacità d’amare dal momento che bisogna credere in ciò che si dà e dunque in se stessi, altrimenti si è falsi. Un rapporto maturo è “unione a condizione di mantenere la propria integrità” e conservare la propria coscienza individuale. Oltre ad “Avere o essere” e a “L’arte di amare”, “Fuga dalla libertà” fa di Erich Fromm uno dei maggiori pensatori del ‘900.

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