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Famiglie ieri e famiglie oggi

Famiglie ieri e famiglie oggi
Marzo 01
02:00 2008

È un fatto indiscutibile che negli ultimi cinquant’anni la famiglia italiana abbia visto modificati massicciamente i suoi profili: se non i giovani, le generazioni più anziane non avranno difficoltà a rendersi conto dei mutamenti che si sono verificati. Di questo argomento s’è parlato giovedì 31 gennaio con la professoressa Malagoli Togliatti, docente di psicologia all’Università La Sapienza, presso l’asilo nido “L’Accademia della briciola” sito in via Lugnano in Teverina n.57 (a Roma, in zona San Giovanni): è stato questo il primo di una serie di cinque incontri promossi dal Centro Famiglie Villa Lais, il quale si occupa di fornire alle famiglie un punto di riferimento non solo per affrontare difficoltà e problemi ma anche per confrontarsi e socializzare. Con questi incontri, il centro si propone di fornire delle risposte sui mutamenti incorsi nella famiglia italiana negli ultimi decenni.
Il percorso tracciato dalla professoressa Malagoli Togliatti è partito dalla considerazione che solo cinquant’anni fa avrebbe fatto scalpore un matrimonio di una coppia con differenti origini regionali: oggi, è un fatto assolutamente normale una unione tra etnie diverse. Due sole generazioni fa, la famiglia italiana era una precisa rappresentazione della situazione sociale del paese: in una nazione prevalentemente agricola, il modello familiare era quello della famiglia patriarcale allargata, con i figli a loro volta sposati e già padri, tutti nella stessa casa e tutti impegnati nel mantenimento di quella che era chiaramente una piccola azienda agricola. Le stesse donne, per tradizione considerate casalinghe, non trascuravano affatto i lavori pesanti tipici dell’agricoltura e allo stesso tempo s’occupavano dell’economia domestica che in quegli anni aveva un significato pieno poiché, ad esempio, dentro casa si faceva il pane o si mantenevano in costante attività le filiere della lana per ricavarne utili soddisfacenti. Le famiglie borghesi medio-alte occupate in città, invece, spesso affidavano i propri figli alle balie: genitori ricchi erano in grado di prendersene una dentro casa; famiglie meno abbienti lasciavano alle balie il proprio bambino per i primissimi anni di vita. Nella zona di Roma, esse provenivano essenzialmente dal frusinate. Capitava quindi che si verificassero diversi passaggi traumatici nella vita dei piccoli, consegnati alle balie fino all’età di due o tre anni, poi ricondotti in casa dei genitori, quindi alle prese con l’impatto con la scuola materna. Oggi, un quadro di questo tipo appare relegato ad un passato lontanissimo, eppure non sono trascorsi che cinquanta, sessant’anni. Nel corso di questi decenni, i cambiamenti sono stati radicali e un confronto con la realtà attuale consente di tracciare un profilo delle nuove tendenze. Innanzitutto, il dato più evidente è che ci si sposa di meno e si convive di più; inoltre, in una famiglia sempre più a ‘doppia carriera’ l’età in cui si sceglie di fare il primo figlio è intorno ai trent’anni, spesso anche oltre, ed è questo un aspetto che ben evidenzia la differenza dei tempi, poiché anni fa era usuale essere sposati e genitori già a vent’anni. Oltre a fare bambini più tardi, se ne fanno di meno: la media nazionale dice che si hanno circa 1,3 bambini per coppia (ancora meno al Nord, di più al Sud) e questo è dovuto anche ad una maggiore e diversa cultura della sessualità e ad un uso più consapevole dei contraccettivi. Un dato che segna il cambiamento nei costumi è il numero di figli che nascono da coppie non sposate: cinquanta anni fa questo faceva scalpore, addirittura scandalo; oggi è cosa naturale e in costante aumento. Interessante è notare che i figli escono più tardi dalle famiglie, rimanendo a casa dei genitori anche fino a trent’anni. Questo fenomeno ha numerose cause: spesso si studia più a lungo, l’immissione nel mondo del lavoro è posticipata e più problematica, una casa propria rappresenta un impegno economico molto oneroso. Ma oltre a questi fattori, la professoressa Malagoli Togliatti ha evidenziato anche un dato socio-culturale che spesso non viene considerato: a differenza di cinquant’anni fa, i figli di oggi hanno meno interesse a uscire di casa perché a casa si sta bene. Se qualche decennio fa i figli non godevano di alcun diritto tra le mura domestiche, oggi è giunta a compimento una sorta di “democratizzazione familiare” che ha emancipato i figli elevando il livello della loro libertà. L’ultimo aspetto preso in considerazione dalla professoressa riguarda l’aumentata instabilità coniugale: i due spartiacque sono l’introduzione nel 1970 del divorzio nell’ordinamento giuridico, e il nuovo Diritto di Famiglia del 1975 con il quale sono venuti a cadere tanti paletti che prima condizionavano le unioni familiari (viene istituita la comunione dei beni, è sancita la parità giuridica tra i coniugi, viene stabilito che figli illegittimi e figli naturali abbiano la medesima tutela). I mutamenti culturali hanno fatto il resto. Eppure, a dispetto di quanto si possa pensare, l’Italia tra i paesi europei è l’ultimo in rapporto al numero di divorzi per popolazione: in cima alla classifica c’è il Regno Unito, seguito dalla Francia. Se si divorzia poco, è vero pure che si ci separa molto e le ragioni di tale scelta non sono tanto nella paura di affrontare un nuovo status sociale qual è quello del divorziato o nel desiderio di non infrangere un sacramento religioso, ma vanno cercate nel fatto che con il divorzio si esce dall’asse ereditario. La maggiore fragilità delle unioni coniugali porta naturalmente il discorso ad affrontare il tema delle adozioni. Una analisi degli affidamenti dal 1994 al 2003 mostra come sostanzialmente l’unico tipo di affidamento che ha avuto una notevole impennata è quello congiunto e/o alternato, che da appena 1,2 % è passato all’11,9 % dei casi. Da quando è stato istituito, poi, l’affidamento condiviso (salvo casi particolari) è stato sempre preferito agli altri tipi proprio per la garanzia che dà al padre e alla madre di mantenere la potestà genitoriale sul figlio e al figlio stesso di mantenere con entrambi i genitori un rapporto affettivo concreto.

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