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I Borghese, l’antico… e il Tuscolano

I Borghese, l’antico… e il Tuscolano
Febbraio 10
09:58 2012

fig.1 Venere marinaIn questi giorni la Galleria Borghese ospita un ‘esposizione che può essere ritenuta un evento: dopo circa 200 anni un gruppo di sculture che erano parte dell’antico apparato decorativo della Villa Pinciana ritornano a prendere (purtroppo temporaneamente) il loro posto all’interno delle Sale della Galleria. Come molti sanno nel 1807 Il principe Camillo Borghese vendette la quasi totalità della collezione di arte antica contenuta all’interno del Casino Pinciano a suo cognato Napoleone Bonaparte (Camillo aveva sposato la famosa Paolina ,sorella dell’imperatore). Quando la parabola napoleonica giunse a conclusione, e gli Stati depredati delle proprie opere d’arte chiesero il ritorno delle stesse, la Collezione Borghese, nonostante i tentativi di Camillo e di Antonio Canova di portare indietro le opere, rimase in Francia causa l’esistenza di un regolare contratto di vendita, anche se non completamente onorato: dei 13 milioni di franchi pattuiti solo 8 milioni furono in realtà pagati.

Negli anni successivi i Borghese cercarono di riempire tramite nuovi scavi e spostamenti da altre sedi gli incolmabili vuoti creatisi nella Galleria. Causa alcune speculazioni sbagliate,dopo lunghe trattative, vendettero poi la Villa, il Casino e tutto il suo contenuto allo stato italiano nel 1902 per circa 3.600.000 lire. I pezzi, in gran parte appartenenti alla collezione Borghese nata per volontà del cardinal Scipione Borghese Caffarelli nel XVII secolo, che furono venduti nel 1807 furono circa cinquecento. In occasione della mostra “I Borghese e l’antico” (aperta fino al 9 aprile) sono tornate nella loro sede originaria circa 60 opere. Come spesso capita in occasione delle mostre, l’esposizione odierna è stata anche spunto per restauri e nuovi studi che hanno chiarito alcuni problemi interpretativi delle opere e aperto anche nuovi percorsi di ricerca. Questo ci fornisce lo spunto per sottolineare l’importanza che assume nell’ambito degli studi di antichità certamente la ricerca archeologica sul campo, ma anche la ricerca nell’ambito delle fonti storiche e degli archivi. Come molti dei lettori sapranno il Principato Borghese abbracciava i territori di Monte Compatri, Monte Porzio e Molara, quindi non è certamente una sorpresa che molte delle opere che dovevano decorare le proprietà borghesiane potessero avere un’origine all’interno di questi territori. È il caso di due sculture della collezione Borghese che sono arrivate dal Louvre per quest’occasione. Le due opere sono rispettivamente la c.d. Afrodite Marina (fig.1) e L’Ermafrodito stante (fig.2) .fig.2 Ermafrodito stante L’Ermafrodito stante, collocato nella sala del ben più famoso Ermafrodito Dormiente restaurato dal Bernini (proveniente da scavi fatti presso la Chiesa di S.Maria della Vittoria a Roma tra il 1617e il 1618) fu ritrovato in occasione di scavi effettuati nel 1718 “in Monte Porzio, verso la Colonna in un luogo, nel quale si crede essere già stata la villa Labicana di Lucio Vero” probabilmente all’interno della “Vigna Pasqualoni”. Restaurato dal Pacetti, causa la sua postura piuttosto esplicita, fu considerato una statua sconcia, ed era conservato all’interno di una nicchia chiusa, visibile a richiesta (prese infatti anche il nome di Ermafrodito dell’armadio). Quando arrivò in Francia le sue ‘caratteristiche’ lo condannarono all’oblio. Altre sculture che riproducono la stessa tipologia statuaria sono presenti in altre collezioni, probabilmente quella appartenente ai Torlonia, di provenienza Giustiniani, tra di esse è la più famosa. L’Afrodite, l’altra scultura citata, era senza dubbio considerata di maggior pregio. La c.d. Venere Marina è infatti un’opera che va intesa come una rielaborazione della famosa Afrodite di Cnido di Prassitele. Il grande scultore ateniese famoso per ‘umanizzare gli dei’ aveva voluto creare per gli abitanti dell’isola di Cnido un tipo di Venere nuova, fissata in completa nudità mentre prendeva il bagno. La tipologia ebbe una fortuna grandissima ed oltre ad essere copiata (una bella copia ad esempio si trova nei Musei Vaticani nel c.d, Gabinetto delle Maschere) diede vita a numerose variazioni sul tema. La nostra è una variante del gruppo della cd. Venere Pudica di cui l’esponente forse più famoso e meglio conservato è l’Afrodite Capitolina conservata appunto nei Musei Capitolini. L’Afrodite Marina ha una splendida acconciatura con i capelli legati con un nodo alto a fiocco, ha il volto leggermente volto a sinistra e ha gli arti superiori che assecondando le rotondità e la morbidezza del corpo sono diretti a coprire il petto e il pube. Al posto della idria (vaso per l’acqua) della Capitolina sul fianco sinistro, troviamo il piccolo Eros a cavallo di un Delfino (da qui la qualifica “Marina”). L’esemplare è di qualità eccezionale. In occasione dell’esposizione romana è stata sottoposta al vaglio la documentazione relativa alla provenienza in proprietà Borghese della statua. Gli studiosi che si sono occupati di questo: Irene Petrucci, Marie-Lou Fabrèga-Dubert e Jean Luc Martinez prendendo in esame tutte le ipotesi che si sono formulate nel tempo sull’origine della statua e nuovi documenti emersi recentemente nell’ambito delle ricerche preparatorie alla mostra, arrivano alla plausibile conclusione che la Venere sia stata rinvenuta intorno al 1758 nel territorio di Monte Compatri. Ad essa dovrebbe riferirsi il brano, relativo al 1778, nel “Quaderno delle spese” dei Borghese che dice testualmente : «pagamento di mille scudi al signor Marchese Gio. Francesco Roberti per la metà del prezzo di una statua di marmo rappresentante una Venere con Amorino sopra un Delfino ritrovato ad una sua Vigna alle Marmorelle in territorio di Monte Compatri…».Se la notizia fosse confermata essa sarebbe una preziosa indicazione per l’individuazione del sito, un probabile villa di età imperiale, nel quale la splendida opera era conservata. Dopo queste brevi note, non rimane che invitare tutti coloro che amano l’arte e, alla luce di quanto detto sopra, il nostro territorio a visitare la mostra. L’altro invito è diretto invece a tutti gli studiosi del nostro territorio ad immergersi nel mare magnum dell’Archivio Borghese con la certezza di nuove avvincenti scoperte.

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