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‘Il palazzo di Cnosso’, di Mauro Ponzi

‘Il palazzo di Cnosso’, di Mauro Ponzi
Agosto 27
14:09 2012

lanciotti-il-palazzo-Mauro-In questa sua ultima raccolta poetica Mario Ponzi, docente e germanista autore di numerose pubblicazioni, fin dal titolo del libro – Il palazzo di Cnosso Robin Edizioni 2012 – rivela in quale contesto si muoverà il suo pensiero e per quali labirintici percorsi. E non per un viaggio – reale e della mente – di puro piacere, ma intrapreso per stretta necessità di ricercare in un qualche ‘dove’ il germe di una verità, che a tratti lampeggia nei meandri ostili che sappiamo essere senza uscita, sempre vanamente inseguita. E non con l’animo acceso del viaggiatore curioso, ma con il passo reso pesante da una frustrazione/prostrazione che sembra senza riscatto. È la condizione dell’uomo moderno, consapevole in parte, per quel che basta, di un destino umano di per sé (almeno apparentemente, se si parla di spiriti laici) senza senso, cui dare un significato che giustifichi la propria esistenza. Un’esistenza sofferta tanto più quanto il pungolo del sapere riesce a smantellare sipari e quinte e a mostrare la vanità di ogni rivestimento sempre e comunque illusorio.

Mauro Ponzi, poeta, cerca nuove stanze. In lui si fanno guerra la nostalgia delle antiche dimore e la diffidenza verso avveniristici edifici. E in nessun luogo avverte il bagliore di una rivelazione, se non nel mito e nella geometria dei segni che tracciano le nostre lontane origini, coincidenti col nostro punto d’arrivo, così come nel palazzo di Cnosso l’ingresso coincide con l’uscita. Non tenta il poeta di uscire dal labirinto mediante le ali della fantasia, ma s’immerge nello smarrimento di uomo del suo tempo, mirando al centro del ‘disordine’ da cui tutto si genera. Col fiato sul collo della sua stessa deprecazione: “Mi inseguono le Erinni/ e i miei rimorsi/ per ciò che non ho fatto/ e non ho detto/ quando ancora poteva servire/ e fuggo tra la neve e le montagne/ e piango sulla tomba di mio padre./ Non serve“. Così inizia, con Katabasi, il percorso tra i propri errori, compiacimenti e omissioni, e le rovine che sembrano non offrire punti di appoggio per nuove costruzioni. ‘Un viaggio virtuale’ per lanciarsi fuori da un carosello ingannevole, “dove il destino tragico/ parla di desideri/ e delle angosce/ scritte dentro di noi/ nel magma della psiche/ sempre uguale/ e diversa“. E in questo muoversi a strattoni fra i miti del passato e i nuovi miti, dominante è la figura della Nike, che ritorna puntuale come l’ossessiva attesa di un momento di gloria che sollevi dalla mediocrità del quotidiano l’animo rattrappito e l’immaginazione congelata: “Allora parla Nike/ e il furore/ mi dà la forza/ di scrivere e capire/ le immagini che vedo/ per un istante“. Ponzi si ripete spesso, quasi a reiterare i concetti base che reggono la sua poetica, sospesa tra il fu e il sarà e certamente attratta dall’inafferrabile punto di congiunzione che lega il ‘sempre’. Costantemente perseguitato da quella ‘Théia mania’ – fra cui l’aspirazione alla ‘divina follia’ a pochissimi eletti riservata – che specialmente all’alba lo coglie indifeso, quando il sogno ancora aleggia nella mente come un canto corale e stregante: “È Nike/ che scende dall’Olimpo/ e mi fissa/ col suo sguardo vuoto/ e col suo volto in fiamme/ e io traduco/ peana ed epinici/ dal greco antico/ della sua acuta voce/ che odo a stento/ e che capisco appena/ reminiscenze/ di studi e di letture/ di altri tempi“. E poi improvvisamente, in questi scarti bizzarri fra storia antica e moderna, così spaventosamente analoga e ripetitiva, la liricità si dissolve e subentra il linguaggio crudo e crudele attinente alla realtà odierna, per dire di quella mitica trascorsa: “Quel figlio di puttana/ era disposto/ a scannare mia figlia/ per far colpo sui Greci/ secondo il consiglio/ di quel furbastro di un prete“. Sprazzi di una lucidità allucinata segnano a volte il percorso aggrovigliato – e tuttavia penetrabile – di questo poeta, pesante forse di troppa acquisizione, che così tira infine le somme: “Ora la prospettiva/ effimera/ ha una dimensione/ cosmica/ non solo la coscienza/ del soggetto/ ma la società civile/ e la natura stessa/ sono di breve durata“.
Mauro Ponzi, nato a Roma nel ’50, insegna Lingua e Letteratura tedesca all’Università ‘La Sapienza”. Saggista poeta e narratore, ha ottenuto buoni riconoscimenti con la partecipazione a diversi Premi letterari. Fra i suoi romanzi ricordiamo La storia siamo noi, Chieti 1999, vincitore nel 2000 dei premi letterari ‘Anassilaos’ – Opera prima e ‘Premio Emigrazione’.

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