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Intercettazioni telefoniche

Marzo 04
23:00 2009

Nel nuovo disegno di legge sulle intercettazioni – secondo l’onorevole Antonio Di Pietro – ci sono ben 6 elementi che mineranno alle fondamenta lo Stato di diritto. Il 23 febbraio scorso il leader del partito “Italia dei Valori” nel suo intervento in aula parlamentare li ha elencati. Noi li sintetizziamo così: 1) La persona indagata potrà scegliersi oltre l’avvocato difensore, anche il giudice. Se quest’ultimo non è di suo gradimento basterà che lo denunci. A questo punto è previsto che il giudice blocchi le indagini che sta portando avanti (“dovere di astensione”). Senza che avvenga una verifica della bontà della denuncia da parte dell’indagato il magistrato sarà, quindi, immediatamente sostituito. 2) Per poter intercettare ci vorranno “gravi indizi di colpevolezza”, il che equivarrebbe ad avere già delle prove del reato commesso. Se ci sono, al contrario, solo indizi lievi e si vogliono ottenere delle prove concrete, queste non si potranno ottenere più con le intercettazioni, altrimenti si verificherebbe (secondo l’estensore del disegno di legge) una lesione della privacy dell’indagato. Che sarebbe, evidentemente, cosa più grave di qualunque altro reato! 3) La prevista eccezione per intercettare nei casi di criminalità organizzata è in realtà solo una presa in giro, in quanto solo alla fine delle indagini si potrà dire se anziché una persona, sono coinvolte più persone legate tra loro nel commettere reati. 4) Le intercettazioni ambientali (con microspie) saranno ancora ammesse, ma potranno essere limitate solo al momento del fatto delittuoso. Ciò significa che si dovranno fare solo mentre si commette un reato, ad esempio mentre si fa una rapina, o mentre si paga una tangente, non essendo ammesso farle nei giorni precedenti, né in quelli successivi al fatto. 5) Per poter intercettare, il giudice per le indagini preliminari dovrà andare presso il distretto della Corte d’Appello a presentare specifica richiesta, portando con sé tutti i fascicoli relativi alle indagini già fatte, per poi aspettare che un collegio di tre giudici approvi l’intercettazione. E non solo! Una volta che il suddetto magistrato ha deciso per il provvedimento di intercettazioni, non potrà più decidere su ulteriori provvedimenti che riguardino il medesimo imputato. 6) Impossibilità per i cittadini di sapere quali sono i gravi indizi di colpevolezza su qualcuno e chi sono i magistrati che indagano, sino a quando non si concludono le relative indagini. Il che equivale a dire che non si potranno sapere da subito le ragioni per le quali qualcuno viene arrestato.
Questi sono i sei punti che per Di Pietro fanno prefigurare uno Stato dell’impunità, ancorché non per il cittadino qualunque, ma per quei potenti che potranno permettersi di portare avanti nel tempo i processi, per arrivare alla prescrizione dei reati. Questo disegno di legge, per Antonio Di Pietro, è l’applicazione del principio dell’intoccabilità della casta. In esso sarebbe persino implicito un gran favore ai tanti delinquenti presenti nel Paese. In quanto – egli dice – si prevede che non si potrà intercettare più per i reati puniti con pene inferiori ai dieci anni, quali l’usura, la truffa, i sequestri di persona, il contrabbando, lo sfruttamento della prostituzione, la rapina, il furto in appartamento, la ricettazione, i reati ambientali, i reati economico-finanziari, fiscali ed i falsi in bilancio. Inoltre, si prevede che il tempo di intercettazione potrà essere limitato ad un tempo di 60 giorni, su richiesta non più di un solo giudice per le indagini preliminari, bensì di un collegio di tre giudici. Per Di Pietro se il disegno di legge dovesse passare così com’è, non solo ci sarebbe un grosso dispendio di tempo e denaro, oltre che perdita di efficacia di una struttura che ad oggi manca di risorse di organico, ma l’Italia diventerebbe addirittura l’Eldorado della criminalità. Tutto ciò, mentre magistrati e giornalisti non potranno più divulgare il contenuto delle intercettazioni, neanche dopo che gli atti saranno depositati (e quindi non più sottoposti a segreto istruttorio), con grave nocumento per il diritto all’informazione del cittadino. Ed a preoccupare ancora di più il leader dell’Italia dei Valori è intervenuta recentemente l’approvazione al Senato di un emendamento del senatore Udc D’Alia al pacchetto sicurezza varato dal governo, relativo al possibile oscuramento dei blog liberi, tra cui il suo. Infatti, sostiene Di Pietro, se dovesse passare questo emendamento i provider, su semplice richiesta del governo, saranno costretti ad oscurare da subito i siti accusati di “attività di apologia o istigazione a delinquere compiute a mezzo internet”. Ciò comporterebbe un grave rischio per la democrazia, in quanto senza aspettare un verdetto di colpevolezza da parte della magistratura, come è avvenuto sinora, potrebbero essere oscurati siti con contenuti politici di orientamento contrario a quello di governo. Secondo una statistica internazionale redatta dalla Banca Mondiale Doing business 2009) in materia di Giustizia l’Italia è stata posizionata al 156esimo posto su 181 Paesi, dopo l’Angola, il Gabon, la Guinea e San Tomé. I Paesi europei sono tutti tra i primi 50. L’ex magistrato Bruno Tinti sulla Giustizia ha scritto il libro “La questione immorale. Perché la Politica vuole controllare la Magistratura”. Anche per questo magistrato, ora in pensione, la riforma anziché migliorare la Giustizia la sta peggiorando. E allora, dobbiamo davvero credere che con queste riforme si voglia fare un favore alla Mafia?

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