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La parola Natale

La parola Natale
Dicembre 13
16:44 2020

(Serena Grizi) La parola Natale più che la santa giornata gli ricordava il nome di quel disgraziato di suo cognato. Non è che ci volesse un’evocazione particolare a ricordargli quella carogna, però il Natale c’entrava qualcosa lo stesso. Proprio in quei giorni festivi fra gli odori di arancio e cannella dei dolci in preparazione e gli addobbi per casa, tutti presi dalla corsa ai regali e cene di addio al prossimo anno si era accorto che qualcosa era cambiato tra il tipo e sua moglie.

Telefonate a orari strani e poi il tipo che gli chiedeva, con la scusa dei regali, passami tua moglie che lei sa consigliarmi. E alla cena della vigilia era stata la certezza. Una storia banale, si dirà: sì, se capita agli altri è banale. Ma lui ci si era disperato per quella tresca, e per il fatto, poi, che i due non erano più capaci di nasconderla e lui stesso, davanti all’evidenza non poteva mettere, come si dice, la testa sotto la neve (essendo inverno gli sembrò metafora più appropriata che sabbia). Così dalla crisi famigliare, gli era caduto addosso il peso improvvisamente assurdo di cose sopportate per anni, come la routine del lavoro. Sembrava che spezzato un vincolo dovessero essere spezzati tutti i gioghi, come fossero state catene, non legami, portate per anni. Cominciò a fallire trattative. Un manager che fallisce trattative. Risultato: restò solo e disoccupato. Ci volle poco a indebitarsi, essere disprezzato da tutti, attaccarsi alla bottiglia. Concatenazione banale di eventi, ma quello era successo, e infine… finire sul lastrico. Era già il quinto Natale per la strada e come sentiva il suono lontano della zampogna gli ritornava tutto alla mente, immagini convulse che in un vortice di avvenimenti lo trasformavano in quello che era adesso. Un barbone. Senza francesismi. Uno che dormiva per terra, senza voglia di tornare indietro, quasi compiaciuto di aver scoperto per caso la sua vera vocazione. Solo la faccia tosta di quella carogna di suo cognato gli faceva ancora venire il sangue alla testa. Scolò ancora un goccio di vino, regalo natalizio di un passante e si accucciò per la notte. Si aggiustò alla meglio il vecchio cappotto tutto attorno alla gola e alla testa e si tirò sulle spalle un cartone sul quale qualcuno aveva scritto con un pennarello “no alla guerra”.

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1 Commento

  1. maria
    maria Dicembre 14, 17:54

    quadretto spassoso e triste con poche pennellate. l’arte di dire tanto in poche righe

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MONOLITE e “Frammenti di visioni”

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