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La politica dalla memoria corta

Novembre 14
15:49 2013

Il primo cittadino auspica che il progetto sia approvato prima del termine del mandato dell’attuale amministrazione. Stupore ed elogio per l’iniziativa giungono anche dal Pres. della XI C.M., certo che questa iniziativa produrrà nuovo sviluppo per il territorio. È l’intera classe politica di Rocca Priora a entusiasmarsi per un piano che oltre a sviluppo e occupazione, riporta la storia nel nostro comune. Un vero peccato per il nostro paese che questi stessi amministratori, con ruoli diversi, abbiano dimenticato la data del 29 novembre 1996. Il convegno organizzato dall’associazione Vulcano vedeva la presenza dell’allora sindaco De Righi, contrario ad una ipotesi di ripristino del Pantano, dell’attuale sindaco Pucci, molto impegnato nell’associazione “Impegno”, altri amministratori (oggi consiglieri o parte dell’amministrazione) e rappresentanti di enti dei Castelli. Uno strano scherzo nella memoria dei nostri politici, poiché la storia ebbe inizio molti anni prima del convegno. Già il 23 dicembre 1985 a nome della “Lega per l’ambiente Castelli Romani – Frascati” e “Lega ecologica ambientale Corbium – Rocca Priora”, portarono a conoscenza dell’Amministrazione di Rocca Priora (già presenti molti degli attuali amministratori in giovane età), Rocca di Papa, Assesso re Regione Lazio, Direttore ufficio Parchi Regione Lazio e Cassa Rurale ed Artigiana del Tuscolo, uno studio sugli stagni della Doganella, con una descrizione della fauna acquatica e di un primo recupero ambientale. Negli anni successivi è l’associazione “Vulcano” a produrre uno studio più approfondito sul Pantano della Doganella. Dopo il convegno, nei mesi a seguire, l’associazione cercò di coinvolgere tutti gli intervenuti al convegno svoltosi presso l’auditorium della B.C.C. del Tuscolo, e costato 500 mila lire, pagate in data 29/11/1996 dall’associazione “Vulcano” (è probabile che sia l’unica ad aver pagato per l’utilizzo dell’auditorium, e questo è già un programma). Dal Comune, all’acquedotto Doganella (che a suo tempo ha fornito anche elementi di studio del territorio e dei pozzi), l’azienda Autonoma Soggiorno e Turismo del Tuscolo, con richiesta di finanziamento di 5 milioni per eseguire studi più approfonditi sul territorio in data 27/12/1996; contatti con l’ente Parco dei Castelli Romani. Il 19 marzo 1997 un articolo sul giornale Castelli Oggi, a firma di Massimo Silvi, riportava: “Ricreare la Palude della Doganella, un’idea per il Parco dei Castelli Romani”, un’iniziativa proposta dall’associazione “Vulcano”; in data 7 luglio 1997 con lettere protocollate, si rammentava all’XI C.M. il dialogo intrapreso per lo studio dell’oasi. L’associazione ha proseguito nel tempo i contatti per sensibilizzare l’amministrazione. Al sindaco Spoto fu consegnato il progetto di studio di “Un’Oasi per Tutti”. Il plico è composto di 73 pagine, con illustrazioni indicanti il piano di sviluppo, foto dell’ambiente con le sorgenti e ultimi pantani. Tre tavole che illustrano il territorio, con l’appartenenza al Parco e la presenza dei pozzi censiti. Una ricerca eseguita con l’istituto “ITIS Copernico di Ariccia” nell’ambito di Area di Progetto Laghi Albani del prof. Scialis Roberto, questa collaborazione presenta una relazione sullo “stato dei laghetti del pantano della Doganella”, con un’analisi delle acque sorgive (da noi prelevate) dei laboratori Ariccia Medica Diamanti S.r.l. In concreto un grande lavoro svolto per anni dall’associazione “Vulcano” cercando di coinvolgere enti e amministratori, di cui possiamo oggi interpretare la mancata lungimiranza del progetto “Un’Oasi per Tutti – Pantano della Doganella”, proposto oggi dopo 17 anni (persi) come una novità di sviluppo futuro. In tutto questo gioco, oltre alla perdita generale della memoria, ci sono alcuni conti che non tornano. Nel 2010 il gruppo dei Verdi, facente capo al binomio Zaratti – Zorani, propone lo sviluppo del piano presentando uno studio, rimasto impantanato nonostante vi fosse un finanziamento regionale. Oggi, con le elezioni vicine, si propone di nuovo il piano (senza farlo sapere troppo in giro), con il finanziamento che si aggira intorno ad 1,5 milioni di euro (circa 3 miliardi di lire). Lo studio dell’associazione “Vulcano” prevedeva una prima spesa di circa 10 milioni di lire per recinzione, una chiusa per il controllo delle acque con eventuale rifornimento nei periodi di secca tramite il sopravanzo dell’acquedotto posto circa 100 metri più a valle con un dislivello di 30 – 50 m (chiaramente oggi è più conveniente realizzare il progetto, non dimentichiamo il regalo del parco Madonna della Neve). In seguito bisognava attrezzare centri di accoglienza e avvistamento della fauna. E già, oggi qualcuno si è accorto che il vulcano laziale è punto di riferimento per i migratori, e quindi di sosta presso le zone lacustri. Sarebbe bello conoscere il piano di studio eseguito dagli “esperti”, saperne i costi, e magari dissipare voci d’intense copia-incolla del vecchio progetto dell’associazione “Vulcano”.

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