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Scuola è un termine che può assumere molti significati. Nell’accezione più comune, dal latino schola, intesa nel senso di lezione, disquisizione dotta, è passato a indicare il luogo dove si tengono lezioni, ovvero corso di studio, o laboratorio dove si impara e si crea. E se in senso traslato ci sono le scuole di pensiero, nella realtà è tutto un fiorire di scuole: dalla cucina al giardinaggio, dalla pittura al canto e via andando. A chi ha qualche anno sarà rimasta nel cervello la super reclamizzata Scuola Radio Elettra di Torino.

Ora sulle cronache ci sono scuole da mettere in sicurezza e scuole da visitare in favore di telecamera; e poi la scuola guida dove chi è col governo accelera, chi è contro frena.
Occorre subito dire che è giustissimo mettere la scuola in cima alle priorità governative, sia per quanto riguarda interventi materiali sui locali, sia per l’attenzione che va riservata all’istruzione, unico vero volano per aumentare il livello culturale e di conseguenza diminuire (si spera vivamente) comportamenti illeciti di ogni tipo. Ma se l’intervento sui muri e, volendo, sugli accessori si può realizzare in breve tempo – finanze permettendo – la funzione istituzionale della scuola, intesa nel senso di accrescimento di istruzione e cultura, richiede tempi lunghi e una programmazione costante e duratura (significa che non ci può essere una riforma all’anno, per giunta spesso in contraddizione con la precedente). Insomma occorrono impegno e pazienza; i frutti non possono essere dietro l’angolo.
C’è poi lo stile di guida del nuovo e giovanissimo governo, e soprattutto del suo istruttore-conduttore. Si predilige l’accelerazione e la corsa, volendo dare un netto segnale di discontinuità rispetto all’immobilismo (tale o supposto) dei precedenti guidatori. Va tutto bene, anche la velocità. Il problema è che non si tratta di realizzare un bellissimo quadro futurista, pieno di movimento e di colore, né di partecipare a una positiva tensione emotiva.
Si deve percorrere una strada per arrivare in un punto prestabilito. In questo caso è sempre opportuno studiare il percorso, per conoscere le difficoltà (salite, curve, eventuali buche, magari i banditi appostati dietro la roccia) essendo pronti a schivarle per non interrompere il viaggio prima della meta. Negli anni è cresciuto sulla strada, fino a diventare foresta, un sottobosco di frenatori costituito da leggi elefantiache sposate a domator-burocrati coi controbaffi, che abitano in labirinti esclusivi. Prudenza, o forse necessità, vorrebbe che si provvedesse prima di tutto a tagliare i rami della foresta; ma poiché non è possibile farlo con un semplice abbaglio propagandistico, come il famoso falò di calderoliana memoria, anche in questo caso c’è bisogno di un lavoro, serrato sì, ma lungo. La grande, assurda difficoltà consiste proprio nel fatto che frenatori e buche disseminate sul percorso sono stabiliti per legge. Se non si eliminano con altre leggi, diciamo di semplificazione, possono mettere le ganasce alle ruote ferventi, o addirittura far capotare la macchina. Sarebbe un po’ come restaurare una catapecchia cominciando dal tetto: quello si appesantirà, le fondamenta non reggeranno, e addio.
Questi gli ostacoli reali. Il bravo istruttore di scuola guida deve insegnare a guidare; quindi pratica e teoria da combinare assieme, una specie di pietra filosofale per far sbocciare oro da stracci e avanzi di carestia, per trasformare il sogno in realtà. Ma deve cominciare dalle basi, che sono (non si può sbagliare) sempre le solite: le regole. Una tra le tante, elementare, che non rispettata fa sfracelli, è il divieto di eccesso di velocità.