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La secessione secondo Bossi

Luglio 27
06:39 2010

Umberto Bossi, è noto, è un parlatore alluvionale ma non sono pochi – fra i suoi detrattori – coloro che per tale motivo lo ritengono un personaggio mediocre, al limite del folcloristico. È un gravissimo errore.

Avendo cura di separare bene l’ideologia dalla vis politica, possiamo affermare che Bossi è attualmente, in Italia, un abilissimo “animale politico” secondo soltanto a Berlusconi. Questo non significa affatto riconoscere che le idee del sciùr Umberto siano buone: tutti concordano, ad esempio, sul fatto che Mussolini, Peròn, Franco, ecc., fossero grandissimi leader in fatto di presa sulle masse, ma nessuno di buon senso si sogna di affermare che le loro ricette politiche fossero, solo per questo, di prim’ordine.

Tutto ciò premesso, vogliamo svolgere una breve riflessione su una delle tante frasi sepolte nei discorsi-fiume di Bossi i quali, densi di riferimenti criptici, andrebbero accuratamente decifrati parola per parola anziché essere accompagnati dal solito coro di sberleffi. La frase a cui ci riferiamo risale alla metà di giugno e riguarda l’argomento che gli è più caro, la secessione, la cui bandiera viene via via ora sventolata ora ammainata. L’ultima al riguardo dice questo: «Sappiamo che ci sono molti milioni di uomini che potrebbero battersi ma la via pacifica è migliore. Tra il fucile e la tranquillità abbiamo scelto la via pacifica e ottenuto il federalismo. La lotta non finirà finché la Padania non sarà libera». La parola chiave, ricordatela molto bene, è questa: “via pacifica”. Cosa significa, tutta l’affermazione, che la secessione come tale è stata archiviata? Ma neanche per sogno! Il progetto leghista è molto semplice, anche se punta al lunghissimo periodo, ed ha un modello assai recente e collaudato. Il suo nome è: Cecoslovacchia. Questo basterebbe già di per sé a definire in pieno l’obiettivo, ma ugualmente proviamo a spendere qualche parola in più. Il disegno di Bossi è quello di conseguire – in modo appunto del tutto pacifico, legale anzi “costituzionale” – il massimo del vantaggio politico, indispensabile per raggranellare (mediante il controllo di banche, finanza, ecc.) quello economico. Una volta consolidati tali poteri in modo da essersi assicurato un forte controllo politico del territorio “padano”, verrà lanciato un referendum popolare: uomini del Nord e del Sud, volete sì o no la separazione da quelli che stanno al di qua e al di là del fiume Po?

Fantapolitica? Mica tanto. È vero che l’art. 139 della Costituzione recita che “la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale” ma è altrettanto vero che nessuno si sogna di restaurare la monarchia: semplicemente, si potrebbero creare due nuove repubbliche. È poi vero che l’art. 5 afferma che “la Repubblica è una e indivisibile”, ma è altrettanto vero che in questo caso il legislatore si è ben guardato dal porre la pregiudiziale di non revisionabilità. Ma poi, in fin dei conti, quando c’è consensualità qualunque patto anche “scellerato” può essere concluso. Tuttavia, non siamo dei costituzionalisti e quindi ci limitiamo a porre dei dubbi puramente dialettici. Tornando a noi, siamo davvero sicuri che da qui a dieci anni non sia possibile una Cecoslovacchia-bis, ossia quel singolare processo che portò ad una cordialissima e civilissima separazione consensuale fra due componenti territoriali? Siamo davvero sicuri che toscani, laziali, e via contando non siano – ad un certo punto – finalmente contenti di “scaricarsi” dal groppone questo Nord così presuntuoso e tanto poco amato? Infine, siamo davvero sicuri che gli italiani amino e condividano sul serio questo Gran Feticcio chiamato “identità nazionale”, generato da un Risorgimento nato sulle punte delle baionette e non dai moti di piazza? La Rivoluzione Francese, quella sì nata per irresistibile e spontaneo movimento popolare, creò una nazione che è salda e veramente unita anche dopo due secoli e oltre. Il Risorgimento, voluto da Casa Savoia con l’intento di creare un Piemonte più largo, dopo neanche un secolo (i Savoia sono stati re d’Italia per soli 85 anni) ha cominciato già nel 1946 ad impantanarsi sui campanilismi, separatismi e tutti gli “ismi” possibili di tipo geografico.

Abbiamo volutamente calcato la mano sulla provocazione dialettica ma la sostanza, più o meno, c’è tutta. Bossi vuole effettivamente arrivare alla separazione pacifica e consensuale fra Nord e Sud e per tale motivo, fra l’altro, volutamente alimenta l’antipatia dei “meridionali” verso la Lega. Le uniche variabili sono due: i tempi (5, 10, 15 anni?) e il territorio. Crediamo molto difficile che l’intero arco alpino italiano decida di diventare Padania: il blocco Piemonte/Valle d’Aosta ci sembra il più scettico di tutti, l’Alto Adige sogna sempre di potersi riunire all’amata Austria. L’ipotesi “secessionista” potrebbe quindi ridursi ad una riedizione del Lombardo-Veneto che – sempre per bocca dello stesso Bossi – essendo economicamente debole come piccolo Stato indipendente, andrebbe a porsi in tal senso sotto l’alto protettorato della Germania. Si badi bene: può darsi benissimo, anzi è quasi sicuro, che alla separazione non ci si arriverà mai, ma lasciateci almeno il laico beneficio del “quasi”. Del resto, si è riunita pacificamente la Germania appena nel 1989 (e nessuno un anno prima ci avrebbe scommesso un soldo) e pensate che non sia possibile dividere l’Italia, che so, nel 2020?Personalmente, crediamo che in realtà non se ne farà mai nulla. Non per fiera fiducia nell’identità nazionale, né per un alto afflato ideale ma – ben poco eroicamente – per semplice pigrizia: lasciare tutto com’è risulta senz’altro più comodo e tranquillo; non costa fatica, né tempo né denaro. E poi, vuoi mettere? Io ho da pagare il mutuo, la rata della macchina, ho i figli da portare in palestra e poi devo andare al supermercato prima che chiuda: ti pare che posso perdere tempo con Bossi e le sue secessioni?

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