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La storia e le storie: Virgilio tra Etruria e Lombardia

La storia e le storie: Virgilio tra Etruria e Lombardia
Luglio 01
02:00 2008

Publio Virgilio MaronePrimo canto dell’Inferno: Dante è appena uscito dalla selva oscura e si appresta a risalire il colle alle cui spalle sta sorgendo il sole. Il peggio sembra passato, ma ecco che innanzi a lui compaiono prima una “lonza leggiera e presta molto”, quindi un leone che gli para innanzi con “rabbiosa fame” e infine “una lupa, che di tutte brame / sembiava carca nella sua magrezza,…”.
Il poeta sembra superare i primi due ostacoli senza grandi difficoltà, ma di fronte alla lupa dal pauroso aspetto che gli si fa incontro con intenzioni tutt’altro che amichevoli, non vede altra soluzione se non quella di darsela a gambe, giù per la collina. E proprio mentre “rovinava in basso loco” compare ai suoi occhi una figura umana dall’aspetto quantomeno eccentrico, capace d’ingenerargli il dubbio che si tratti di un’ombra o di un uomo in carne e ossa:

“Quando vidi costui nel gran diserto,
«Miserere di me», gridai a lui,
qual che tu sii, od ombra od omo certo!”.

E la misteriosa apparizione, senza batter ciglio, scioglie l’enigma:

“Non omo, omo già fui,
e li parenti miei furon lombardi,
mantoani per patria ambedui”.

Grande è la meraviglia di Dante quando si rende conto di trovarsi di fronte a Virgilio, il suo idolo:

“O de li altri poeti onore e lume,
vagliami ‘l lungo studio e ‘l grande amore
che m’ha fatto cercar lo tuo volume.”

Perchè Dante fa dire a Virgilio d’essere lombardo?
La Lombardia, quale regione storica, deriva il suo nome dalla medioevale Longobardia, denominazione d’origine bizantina e corrispondente all’insieme dei territori italiani occupati o dominati dai Longobardi. Solo dopo l’888 si indicò con il nome di longobarda la Marca Carolingia d’Italia che comprendeva Milano. I Longobardi erano una gente germanica di origine scandinava e di religione ariana, che tra la fine del V e gli inizi del VI secolo era emigrata attraverso la Germania e il basso Danubio, stabilendosi in Ungheria, nell’odierno Alföld. Nel 546 avevano stipulato un patto con l’Impero Bizantino, in base al quale era loro concesso di stanziarsi nelle due Pannonie (Valeria e Savia) e nel Noricum (a ovest del Danubio e a ridosso della Sava).
Sorvolando sui motivi che li spinsero a farlo, i Longobardi, capeggiati da Alboino, mossero dalle pianure della Pannonia il 2 aprile del 568, lunedì di Pasqua, diretti in Italia. Nel maggio del 569 varcarono l’Isonzo e occupate, quasi senza incontrare resistenza, Cividale, Treviso, Vicenza, Verona e Brescia, il 3 settembre entravano in Milano. Solo Pavia, ben più munita, resisté sino al 572.
Il dominio dei Longobardi in Italia è stato duraturo e complesso. Convertitisi al cattolicesimo, vissero una profonda crisi con il papato, che culminò nello scontro con i Franchi, nuovi alleati della Chiesa di Roma. Carlo affrontò l’esercito longobardo alle Chiuse di Susa e sbaragliatolo (estate 773), cinse d’assedio Pavia, occupò Verona e accettò la resa di Gerberga. Adelchi, figlio di Desiderio abbandonò l’Italia per cercare rifugio tra i Bizantini, in Grecia.
Tali vicende portarono sostanzialmente all’affermazione politica della Chiesa di Roma in Italia.
Publio Virgilio Marone naque ad Andes, presso Mantova, nel 70 a.C.. Mantova era sicuramente una città di origine etrusca. Sulla colonizzazione etrusca della valle Padana, nel VI sec. a.C., tutte le fonti classiche serbano il silenzio: solo le leggende ne hanno tramandato il ricordo. Una di esse ascrive a Tarchon, leggendario eroe di Tarquinia, l’espansione etrusca a nord dell’Appennino e la costruzione di dodici nuove città, prima fra tutte proprio Mantova, così detta dal nome del dio etrusco dei morti (Mantus). Dunque, se mai, Virgilio avrebbe dovuto rivendicare per sé origini etrusche! Che Virgilio potesse ignorare l’origine della sua città è improponibile, in quanto è lui stesso a riferirne in un passo dell’Eneide nel catalogo delle navi etrusche alleate di Enea contro Turno re di Ardea (X:198-203):

“Lui pure dai lidi patrii muove Ocno una schiera,
il figlio di Manto fatidica e del fiume tirreno
che le mura a te diede, e della madre, Mantova , il nome,
Mantova ricca d’avi: né tutti son d’una stirpe:
tre son le tue genti, quattro sotto ciascuna son popoli,
tu capo dei popoli, il nerbo è di sangue tirreno.”

Ma torniamo a Dante e alle sue affermazioni:

“Tu se’ lo mio maestro e ‘l mio autore,
tu se’ colui da cu’ io tolsi
lo bello stilo che m’ha fatto onore”.

Allora, come mai, pur conoscendo così profondamente l’Eneide, Dante fa dire a Virgilio, nato nella Mantova del I sec. a.C., che i suoi avi furono Lombardi?
Mi piace credere a una licenza poetica, tanto per rimare con tardi e bugiardi, e non a meccanismi perversi quali quelli che portano a celebrare farse improponibili alle sorgenti del Po, a tramutare Marco Polo in croato e magari Toro Seduto e Geronimo in due yankee .
Se la storia e con essa il passato non sono che il nulla, allora che non s’invochino a proprio comodo.

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