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Tiziano veramente è stato il più eccellente di quanti hanno dipinto: poiché i suoi pennelli sempre partorivano espressioni di vita (M. Boschini, 1674). Primo artista europeo, conteso da corti sovrane e pontificie, simbolo della rivoluzione e del trionfo del colore, capace attraverso i suoi ritratti di donare l’eternità. Al veneto Vecellio, le Scuderie del Quirinale di Roma dedicano fino al 16 giugno un’esposizione di quaranta capolavori che ricostruiscono, nell’arco di sessant’anni, il percorso artistico e vitale di un maestro che racchiude «la grandezza e la terribilità di Michel Agnolo, la piacevolezza e venustà di Raffaello, e il colorito proprio della Natura».

Obiettivo della mostra è dare all’osservatore la possibilità di cogliere, percorrendo il Cinquecento di decennio in decennio, la tradizione del classicismo cromatico che Tiziano ha appreso da Bellini, la rivoluzione del tonalismo di Giorgione fino a arrivare al dinamismo della superficie pittorica, a quella straordinaria forza espressiva che ha dissolto l’immagine in granelli di luce, «quasi che al pittore bastassero tre colori – il bianco, il nero e il rosso – per raggrumare tutta la luce del mondo».
Un percorso autentico quello che ci viene offerto dal curatore della mostra Giovanni C. F. Villa, in cui rivive la magnificenza del maestro e il suo essere, ancora oggi, inarrivabile. Un’occasione più unica che rara per ammirare in un’unica esposizione capolavori provenienti da Venezia, Firenze, Berlino, Londra e dal Museo Nacional del Prado di Madrid come l’Autoritratto, attraverso il quale Tiziano affida la sua immagine alla posteriorità, e Ritratto di Carlo V con il cane, traduzione in pittura della gravitas imperiale. È il Martirio di San Lorenzo, la prima delle opere che è possibile vedere, che già ci sbalordisce: è la “densità cromatica che si fa moto”, i colori vivi che bruciano in un’atmosfera quasi spettrale, capace di sprigionare dolore.
La mostra, però, non narra solo la dimensione religiosa di Tiziano, ma anche il suo dare vita a personaggi profani e mitologici. Monsignor Della Casa riferisce al nipote cardinale Alessandro Farnese della Danae di Capodimonte, si tratta di una «nuda che faria venir il diavolo addosso al cardinale San Silvestro», mentre La punizione di Marsia rivela tutto l’ultimo Tiziano.
È l’attività di ritrattista, di cui rappresenta il vertice, che lo rende ancora più ricercato, ancora più celebre: gli Este, i Della Rovere, l’imperatore Carlo V che lo considera il suo “primo pittore”, vogliono rendersi davvero immortali grazie a lui. La verosimiglianza, la forza illusiva che inganna l’osservatore, la capacità e l’abilità nel riflettere la solennità dei suoi committenti sono tratti fondamentali. L’Aretino si complimentò con Tiziano per il Ritratto di Paolo III Farnese senza camurro, «per il miracolo del vostro pennello nel ritratto del pontefice», per averlo reso «come egli è vivo, il come egli è desso e il come egli è vero». E ancora L’uomo con il guanto, dove l’inquietudine e la malinconia riflettono nelle tensione psicologica, il Ritratto su mosaico dell’umanista Pietro Bembo, la Bella di Palazzo Pitti che riproduce il canone della bellezza rinascimentale dove domina il famoso “biondo” Tiziano, «una sorta di imprimatur della bellezza», le Belle Veneziane: Flora e Giuditta. È un percorso che affascina e avvolge, che vi farà vivere la religiosità e le personalità illustri del secolo: l’arte del Cinquecento è «il disegno di Michelangelo e il colore di Tiziano», perché «nessun altro grande artista fu tanto flessibile pur restando completamente sé stesso» (E. Panofsky).