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Morte in carcere di Mohammed El Abbouby: le conclusioni del Gruppo EveryOne

Gennaio 20
07:53 2010

Non suicidio, ma incidente causato dallo “sballo delle carceri”, pratica pericolosa con cui i detenuti tentano di “evadere” dalla terribile realtà delle prigioni italiane

Milano, 19 gennaio 2010. Dopo il caso della morte del 20enne Maurizio Pintabona, sempre a San Vittore, nel mese di ottobre del 2003, che aveva sniffato da una bomboletta di gas da campeggio per vincere la noia con la “droga dei poveri”

(detta anche “lo sballo delle carceri”, “la neve del carcere”, “lo sballetto”, “la piccola neve”) il ministro della Giustizia inviò una circolare ufficiale chiedendo ai direttori delle case circondariali di vigilare affinché non circolassero bombolette, vietandole e ritirando quelle già in possesso dei detenuti. Il regolamento delle carceri, comunque, prevedeva già allora il divieto di possedere bombolette da campeggio. Altri casi si erano verificati, per esempio a Vigevano e Busto Arsizio, dove al detenuto Giancarlo Speroni, caduto a terra e morto nei bagni, era stata rilevata presenza di butano nel sangue.
Purtroppo, nelle prigioni italiane continuano a circolare le letali bombolette e probabilmente Mohammed El Abbouby è un’altra vittima dello “sballo delle carceri”. E’ evidente che la condizione inumana in cui vivono i detenuti, rilevata anche dalla delegazione radicale che l’estate scorsa visitò molte prigioni italiane, è alla base di questa pratica di “evasione” dall’ansia, dalle violenze fisiche e morali, dall’umiliazione, dall’amarezza e dalla noia. Per molti reclusi, l’alternativa è ancora più estrema e non a caso l’Italia è il Paese in cui si registra il più alto numero di suicidi.
Oltre al gas, gli “ospiti” delle galere usano un’altra “droga” artigianale: lo “sniffo” di medicinali forniti dai sanitari per curare alcune patologie. Nel caso delle bombolette, è un embolo che raggiunge il cuore a provocare la morte di chi respira il gas tossico.

Qui di seguito, due messaggi riguardanti la morte del detenuto, diffusi il 16 e il 17 gennaio dal Comitato Antirazzista Milanese

 

Una risposta alla morte di Mohammed El Abbouby

Mohammed El Abbouby, recluso nordafricano, è morto per le esalazioni di una bomboletta di gas da campeggio. Era stato arrestato il 15 agosto per la rivolta al centro di identificazione in via Corelli, a Milano e condannato con l’accusa di danneggiamento, incendio e resistenza a pubblico ufficiale

Milano, 16 gennaio 2010. Circa 100 attivisti si sono ritrovati sotto il carcere di S.Vittore per dare una risposta immediata alla morte di Mohammed El Abbouby, uno dei protagonisti della rivolta di agosto in via Corelli. Gli slogan e una presenza rumorosa, cui hanno contribuito fortemente i manifestanti di ritorno dalla manifestazione di Livorno (proprio contro le morti nelle carceri e nelle strade per mano della violenza statale), hanno suscitato la risposta solidale di molti detenuti. Nel frattempo è partito un ping-pong mediatico sulle cause del decesso con servizi in TV, giornali e radio locali.
L’ipotesi inizialmente più accreditata, quella del suicidio (che non ha nessun tipo di presagio pensando alle lettere di Mohammed con cui eravamo in corrispondenza stabile) viene contrastata da quella di un incidente che sembra essere alla base dell’inchiesta voluta dal procuratore generale delle carceri, così come traspare da un articolo di Repubblica sulle pagine locali milanesi. Noi ribadiamo che, in fondo, importa poco quale sia stata la dinamica effettiva; ma quel “poco” è sempre molto più di “niente” e ci induce ad attivare i canali a disposizione per far chiarezza anche su questo aspetto; (per capirci: si può escludere del tutto una terza ipotesi, la più scomoda di tutte?). Comunque ciò che importa davvero è il fatto che il razzismo di stato, prima ha rinchiuso Mohammed e i suoi compagni dentro il CIE, poi li ha incarcerati a S.Vittore, infine li ha condannati senza possibilità di appello (questo è il ruolo della custodia cautelare applicata a piene mani, in particolare contro gli immigrati, anche per condanne di lievissima entità); ed infine lo ha ucciso. Quanto basta cioè per parlare apertamente di omicidio di stato, in piena sintonia con la manifestazione di oggi a Livorno, tanto da indurre la stessa RAI 3 a rendere esplicito questo tipo di collegamento

L’ultima lettera di Mohammed

Milano, 17 gennaio 2010. Venerdì sera è morto dentro al carcere di San Vittore Mohammed El Abbouby. Alla prima versione che parlava di un suicidio si è aggiunta l’ipotesi, sempre formulata dall’Amministrazione penitenziaria, di un “incidente” in cella con il gas di una bomboletta da campeggio. Ad ogni buon conto i carcerieri hanno aperto una inchiesta e, da parte loro, gli antirazzisti milanesi si sono attivati per tentare di capire la dinamica dei fatti. Oggi come non mai, quando si parla di morti in carcere, la diffidenza verso i racconti dell’Amministrazione penitenziaria è d’obbligo.
Sta il fatto che Mohammed era uno dei 14 reclusi di Corelli arrestati durante la rivolta di agosto. Insieme ai suoi compagni di prigionia, dalle aule del tribunale, aveva rivendicato la rivolta, denunciato l’aberrazione dei Cie ed in particolar modo il ruolo di aguzzino assunto dell’ispettore-capo di Corelli Vittorio Adesso. Fra un mese sarebbe dovuto uscire. “Uscire” come può uscire da un carcere un uomo senza documenti, ovviamente: tornare in via Corelli.

Morto di carcere, dunque, ma anche morto di Cie. E morto lottando, come testimonia il testo di questa sua lettera, inviata ai solidali milanesi alla fine dicembre:

«Carissimi,

Oggi stesso ho ricevuto la lettera e i fogli di giornale, mi ha fatto moltissimo piacere, così almeno riesco ad essere aggiornato sui fatti attuali. Vi ringrazio di aver reso di pubblico dominio il mio caso.

Anche se mi sento fisicamente depresso sto bene. Come voi lotterò per la giusta causa fino al mio ultimo respiro, contro gli sfruttatori di noi proletari. Prima o poi la verità verrà a galla. Non possiamo che vincere, sapendo che il prezzo sarà salato. Ma ne vale tutto il sacrificio.

 

Che dire di questo governo razzista, senza idee per la gioventù, che, secondo logica, è il futuro di ogni nazione. Senza giovani lavoratori non si possono incassare le tasse, e senza tasse addio pensioni.

Comunque nella mia prossima missiva sarò molto più esplicito e dettagliato a proposito del mio passato e della mia persona.

Buone feste a tutti i ragazzi, auguri»

Alla notizia della morte di Mohammed, un centinaio di antirazzisti milanesi si sono radunati sotto a San Vittore, improvvisando un presidio molto sentito e rumoroso. Il prossimo appuntamento sarà già martedì prossimo, con l’udienza del processo per i fatti di Corelli del 7 novembre.

 

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