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#Nonleggeteilibri – Uccidere il padre, metafora della crescita

#Nonleggeteilibri – Uccidere il padre, metafora della crescita
Aprile 29
16:37 2019

(Serena Grizi) Uccidere il padre (titolo originale: Tuer le père) di Amélie Nothomb, Voland 2012 traduzione di Monica Capuani € 9,00 isbn 9788862431088 e-book NO. Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net

L’adolescente mago in cerca di padre Joe Whip, viene lasciato al suo destino anche dalla madre. Si fa adottare da un grande mago che può fargli da maestro, da cui può imparare molto, anche sull’esistenza. Impara, in effetti, proseguendo anche i suoi esercizi solipsistici di prestidigitazione davanti allo specchio testimoni, secondo il suo nuovo mentore, di estrema solitudine. Joe cresce, matura, anche attraverso le esperienze condivise con la famiglia del mago, la partecipazione ad un bel festival di ‘mangiafuoco’ nel mezzo del deserto (ma siamo in Nevada, a Reno e dintorni) diventando, inoltre, abile croupier, forse baro, in un famoso casinò, innamorandosi, forse, della donna sbagliata. Il racconto della Nothomb è a dir poco sorprendente, perché non è una storia a lieto fine come ci si aspetterebbe considerato il ritmo della narrazione e l’autrice con tutta evidenza riesce a tenere i lettori sul filo della storia, scritta con una trama decisa e con il linguaggio finemente semplice che le appartiene, che non conosce esitazioni, che non ama la retorica. Il libro si fa apprezzare per questo, facendo il verso ad una trama archetipica, universale di suo, ma per gli stessi identici motivi potrebbe lasciare indifferenti. Si segue molto bene la vicenda ma nessuno dei personaggi, in realtà, suscita più di quello che potrebbero suscitare poche righe di sceneggiatura vergate per tracciare l’esile profilo di caratteri tutti da inventare. Per un racconto lungo è più che sufficiente, poiché lascia spazio a diverse interpretazioni grazie al colpo di scena finale. Non è il primo libro dell’autrice belga e perciò va ad arricchire la sua lunga collezione di titoli pubblicati ma qui lo straniamento prodotto diventa terreno difficile per qualsiasi identificazione: forse a causa dell’ambientazione, forse per una freddezza sentimentale condivisa dai tre protagonisti, una freddezza che forse dipende da ciò che l’autrice ha trattenuto…nella penna. Risultato mai ottenuto neppure dalla notevole autrice Banana Yoshimoto. Il riferimento ad un algido ‘sentire’ nipponico, peraltro, potrebbe non essere del tutto casuale data la biografia di Nothomb.

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