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L’arte che c’è: “Il presente, un tempo sospeso”, Branca e Troisi all’Abbazia del Goleto

L’arte che c’è: “Il presente, un tempo sospeso”, Branca e Troisi all’Abbazia del Goleto
Agosto 19
08:24 2021

S. Angelo dei Lombardi – Occorre andare all’Abbazia del Goleto (XII secolo) più volte e respirarla quell’atmosfera di sassi, di restauro continuo, anche se ormai consolidato da anni, perché ogni ricostruzione irpina è un po’ termometro della febbre d’una terra che vibra anche quando sta ferma. Occorre attraversarla la campagna riarsa d’agosto e cercare refrigerio tra le mura antiche e, quando si crede di aver già visto, trovare l’Abbazia abitata dai lavori artistici di Maria Rachele Branca ed Ernesto Troisi. Nessuna biografia tra queste poche righe né una critica d’arte, Rossella Della Vecchia è la curatrice della mostra, ma solo impressioni da correggere e rivedere col tempo assaporando il semplice piacere di aver trovato tra le pietre la forma perfetta dell’uovo d’olivo combusto di Troisi e Marte che ulula alla luna di Branca; le altre sculture polimateriche, i quadri: materia e colore, colore e materia, che animano uno spazio che sappiamo essere non del tutto inanimato durante l’anno, anzi, ma che oggi sorprende per la forza che emana e che la sala espositiva centrale fa fatica a contenere: «’Il presente, un tempo sospeso’, mette in risalto un approccio particolarmente intimo di Maria Rachele Branca, che ancora una volta ci parla di donne, ma con due importanti incursioni al maschile in Saverio e nell’installazione Marte che ulula alla luna. Dipinte oppure modellate, le sue donne vengono ritratte in momenti di convivialità: tuttavia sono state estrapolate dal loro contesto originale al fine di creare una sospensione temporale sulle loro azioni. La loro tenacia rappresenta la forza del presente e la risorsa del futuro, anche se ancora oscurata da un passato anacronisticamente alla ribalta. La scena occupata da Ernesto Troisi ne ‘Il presente, un tempo sospeso’ è densa di rimandi iconici di carattere cosmogonico, lasciando spazio anche al ricordo e ad una riflessione sull’agire invece del rimanere fermi ad aspettare che le cose cambino. Ciò che resta una costante nei suoi lavori, sia di progettazione industriale che nella sperimentazione nel campo delle arti visive, è l’entusiasmo del “fare”, quale esaltazione di un concetto nelle qualità specifiche di ogni legno usato» (dai testi a corredo della mostra).

La mostra è visitabile fino al 29 agosto. Ancora pochi giorni, ma buoni per cambiare itinerario mentre si scende al mare o si sale in montagna. Vedere il Goleto, vedere le opere che dialogano coi muri antichi, visitare centri storici come Bisaccia o Calitri, patria delle ceramiche, attraversare questa campagna coltivata che abbacina per la sua luce di campi di grano mietuti fino all’orlo delle strade, degli incroci, spingersi fino alla più lontana Aquilonia col suo grande museo etnografico, e continuare a cercare nella terra le linee e i motivi che ispirano l’arte e nell’arte le linee remote del cielo e dei campi. Visioni? Sì, certo, ma anche la realtà di chi l’arte la fa con le mani, a volte spinto da un sogno, altre dal fare, per poi cercarle il nome migliore fra il mito e il gesto atavico, nel tempo che, come scrive la curatrice della mostra Rossella Della Vecchia, è: «Un tempo senza tempo, il nostro: un tempo di sospensione, che guarda con consapevolezza e nostalgia al passato e ad un mondo dimenticato, per ripensare un futuro, orfano del presente». Né una sentenza, probabilmente, né un oracolo, ma lo sprone a ripensare un territorio più volte ferito, oggi vittima come altri di nuove congiunture, al quale non mancano né gli spazi per operare né la voglia, intesa come creatività e rinnovamento (testimoni ne siano le attività degli artisti in mostra che si muovono anche in ambiti produttivi importanti), per un futuro davvero vicino che non faccia rimpiangere il passato ma lo guardi come uno degli esempi per ciò che di buono può aver lasciato e che oggi può considerarsi ancora vivo.   

Maria Rachele Branca (Bagnoli Irpino, 1965) ha intrapreso il suo percorso di studi a Firenze, diplomandosi in Scultura all’Accademia di Belle Arti nel 1986. Qui, sotto la guida del mentore Franco Mauro Franchi, ha maturato un innato senso estetico e l’inclinazione al disegno e alla manipolazione. Con alle spalle importanti esperienze nel campo del restauro di elementi lapidei, non ha mai trascurato la sua vocazione artistica, neanche nella scelta di ritornare nel paese natio, Bagnoli Irpino, dove ha aperto il suo laboratorio RARO. In trentaquattro anni di attività, oltre a varie ed importanti partecipazioni in collettive nazionali, può vantare acquisizioni pubbliche e religiose, oltre all’esposizione in diverse collezioni private. Gli elementi che caratterizzano il suo imprinting autoriale vanno ricercati nell’analisi espressiva del presente e delle sue problematiche, e nella capacità di perfezionare ogni esperienza scultorea (dalla terracotta al cemento, passando per la pietra), quanto pittorica, in un meticoloso e peculiare apporto cromatico.

Ernesto Troisi (Avellino, 1970) Dopo gli studi in Arredamento e Disegno Architettonico presso l’Istituto d’Arte De Luca di Avellino, si è specializzato al centro sperimentale di Design Industriale di Ancona, maturando diverse e importanti esperienze nel campo, prima di ritornare in Irpinia. Da designer che coniuga una visione moderna ad un sapere tradizionale, ha saputo rinnovare la falegnameria di famiglia, facendola rinascere con un nuovo concept. Ed è così che, dal 2000 ad oggi, a Paternopoli, il laboratorio Tropica Design richiama un raffinato mercato, incentrato sulla sperimentazione industriale e sulla progettazione d’autore. Parallelamente alla linea industriale, lavora a serie ancorate nelle arti visive, in cui reinterpreta attraverso le caratteristiche specifiche di ogni legno e la ricerca del segno inciso, scavato o combusto, concetti ed influssi contestuali capaci di suscitare in lui l’entusiasmo del “fare”. (Serena Grizi)

 

Nelle immagini: Una silente pergola (Il tempo delle donne), Branca; Veduta della mostra

L’articolo appare con un diverso editing su: Variazioni

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