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Pensioni d’oro e “sfigati” che aspettano

Pensioni d’oro e “sfigati” che aspettano
Agosto 23
06:20 2013

I politici parlano di ripresa con proclami che spesso sono privi di sostanza
L'ex a.d. di Telecom Mauro Sentinelli, 91.000 euro di pensione al meseIl Governo Letta, costretto a destreggiarsi tra debiti, crisi economica, deficit, disoccupazione e quelle sue “larghe intese” (un matrimonio riparatore che, come al solito, è minacciato dalle vicissitudini di Berlusconi), mostra la sua buona volontà e, con piccoli gesti, riorganizza le risorse disponibili trasferendole da un capitolo all’altro della spesa pubblica,

oppure riesce a ricevere denaro dall’Europa grazie a proposte concrete, mentre ne recupera dell’altro soprattutto dalla lotta all’evasione fiscale. La piaga dell’evasione intanto ha reso l’Italia il peggior Paese d’Europa. E tra il danno prodotto dagli evasori e la beffa per chi invece le tasse le paga – in un contesto culturale e nazionale che, per tradizione, mette l’evasore nel ruolo di “eroe” e il pagatore in quello di “fesso” -, tra ricchi “risparmiatori” e poveri spremuti fino all’osso, il divario sociale si allarga: accadono bagarre in Senato.
Girolamo Pisano accusa Renata Polverini di aver definito «sfigati che aspettano soldi» i disoccupati, cioè coloro che, magari, maggiori tasse le pagherebbero volentieri se solo potessero permetterselo. La frase infelice, secondo il Deputato del M5S, sarebbe stata pronunciata lo scorso 7 agosto durante la discussione del Decreto Legge sul Lavoro. Polverini – che è la Presidente del “Comitato dei Nove” – minaccia querele contro quelle accuse ma, in ogni caso, sul piano dell’iniquità sociale, evidentemente, il divario si allarga. “Sfigati” e “pensionati d’oro”, diventano comunque due nuove categorie sociali: i primi, son quelli etichettati dall’ex viceministro al Lavoro e alle Politiche sociali, Michel Martone: coloro che si laureano dopo i 28 anni i quali, a causa della “sfiga”, ritardano il loro ingresso nel mondo del lavoro. I secondi, i “pensionati d’oro”, sarebbero invece quelli che hanno lavorato per una vita, in modo onesto e regolare certamente, ma pur sempre approfittando di condizioni completamente diverse dalle attuali, e che adesso possono vivere anche con 3 mila euro al giorno.
L’INPS, quando pubblica la top ten dei pensionati più ricchi d’Italia, in realtà, scopre l’acqua calda, mentre sconcerta sempre il dato che il 44% dei pensionati italiani viva con meno di mille euro al mese: 1 su 8 di questi non riesce a raggiungere la soglia dei 500 euro mensili. Da anni si dichiara di voler intervenire per porre fine a questa situazione che suona come un’offesa per coloro che stentano a sopravvivere col poco che hanno e che invece “premia” coloro che hanno tanto e soprattutto chi, evadendo le tasse,”finge di non avere”. Ma, puntualmente, ad ogni proclama segue una ritirata: è successo di recente, quando la Consulta ha dichiarato illegittima la normativa che avrebbe istituito (dal 1 agosto 2011 al 31 dicembre 2014) un contributo di perequazione sulle pensioni sopra i 90.000 euro lordi annui. In quell’occasione l’INPS ha dovuto restituire l’importo trattenuto nel 2013. La perequazione avrebbe adeguato le pensioni dei ricchi al costo della vita ma avrebbe violato i diritti costituzionali di quelle persone che hanno lavorato onestamente accantonando una parte della loro retribuzione per la vecchiaia.
Come manifestazione di “buona volontà” la proposta è parsa impraticabile se non addirittura risibile: un’ottima strategia per fingere di occuparsi del problema “pensioni” che rischia di mandare il Paese allo sfascio. Entro 5 anni infatti i “Baby Boomers” andranno in pensione. Se questa massa di persone andasse all’incasso subito, con le condizioni attuali, l’INPS crollerebbe definitivamente nel giro di qualche anno appena: alla fine del 2013, il bilancio complessivo atteso dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale è di poco più di 15 miliardi. Alla fine del 2011, i miliardi erano 41. Nel frattempo, da SEL, sono arrivate delle proposte alternative alla perequazione: mettere una aliquota Irpef sui redditi lordi annui che può arrivare fino al 75% per coloro che dichiarano più di un milione di euro, ma chi si oppone indica in questo provvedimento il vero pericolo dello sfascio del “sistema Italia”. Intanto, però, “sfigati”, disoccupati ed “esodati” aspettano… se non proprio i soldi, almeno una decisione da parte delle Istituzioni, che sembra sempre più urgente.

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