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Scienze della natura e dello spirito – 5

Agosto 31
23:00 2006

L’avalutatività della scienza.
Continuando nella sua speculazione sull’analisi del ‘tipo ideale’, Max Weber si sofferma a considerare che, nonostante la diversità specifica degli strumenti di cui dispongono le scienze culturali e quelle fisiche, esse condividono un compito fondamentale: la semplice spiegazione dei fenomeni, esente da qualsiasi giudizio valutativo. Weber opera una netta distinzione tra conoscere e valutare, giudizi di fatto e di valore. La scienza deve mantenersi autonoma dall’etica, poiché il suo scopo non è quello di valutare, ma di spiegare soltanto, di appurare, in altre parole, come si sono svolti i fatti e perché si sono svolti così e non diversamente. Tale giudizio assume all’interno dell’opera weberiana un duplice significato: uno epistemologico, consistente nella difesa della libertà della scienza da valutazioni di ordine etico-politiche; l’altro pedagogico, mirante a salvaguardare la stessa scienza dalle storture demagogiche di quei cattivi maestri, che subordinano la verità ai propri ideali politici. La cattedra osserva Weber, non è per i profeti e i demagoghi e si dimostra un pessimo docente colui che intende inculcare le proprie opinioni in aula. Questi, ostentando le proprie qualità e preferenze personali, finisce per commettere un sopruso nei riguardi degli studenti, ai quali non è permesso replicare. In conclusione, l’unico dovere del professore è quello di essere scienziato e insegnare agli allievi a diventarlo e, qualora non potesse fare a meno di propagandare i suoi ideali, dovrebbe concedere agli altri lo stesso diritto, mediante i mezzi che sono a disposizione di tutti i cittadini, quali riunioni pubbliche, manifestazioni di piazza, circoli e così via. Sottolineare l’avalutatività della scienza non significa, secondo Weber, che questa non si occupi di valori e non abbia nulla da dire riguardo ad essi. Può, senz’altro accertare la loro esistenza e porre in luce le condizioni e le conseguenze della loro realizzazione: ad esempio, può chiarire quali mezzi sono adatti per attuare un certo valore e quali no; ancora quanto costa la loro attuazione e, soprattutto, come questa renda precaria o addirittura impedisca la contemporanea realizzazione di altri valori contrastanti. Ma se chiediamo alla scienza cosa dobbiamo fare e come dobbiamo vivere, allora, dice Weber, non avremo mai nessuna risposta, perché abbiamo bussato alla porta sbagliata. La soluzione del problema dobbiamo cercarla in noi stessi, secondo la nostra coscienza e visione del mondo.
In conclusione, come le scienze naturali ci dicono cosa dobbiamo fare se vogliamo dominare tecnicamente la vita, ma lasciano del tutto irrisolto se questo dominio abbia un senso, allo stesso modo le scienze culturali ci fanno intendere fenomeni politici, sociali, letterari, ma non rispondono alla questione se valga effettivamente la pena di conoscerli. In questo senso la scienza stessa è una pura ‘vocazione’: richiamo alla chiarezza e alla consapevolezza che l’uomo può conseguire sugli scopi delle proprie azioni e sui mezzi più idonei a realizzarli. (Fine)

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