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“Su la mascherina, giù la maschera” di Marzia Mancini

“Su la mascherina, giù la maschera” di Marzia Mancini
Dicembre 12
18:16 2020

Su la mascherina, giù la maschera di Marzia Mancini
Formato 15×21 cm
Pagine 240
Edizioni Controluce 2020
Prezzo di copertina 16,90

Si tratta dell’ultimo libro stampato dalle Edizioni Controluce.
Siamo di fronte a un “trance de vie”, che nasce in narrazione toccante e magnifica grazie (che parola dissonante!) alla pandemia che ci sta racchiudendo in un bozzolo da cui non credo uscirà la farfalla. Ho riletto Manzoni giorni fa, per dovere di studio, ma non I promessi sposi, bensì Fermo e Lucia, laddove il grande scrittore tira le fila della storia della peste, affermando che essa non migliorerà gli uomini, ma li renderà più aspri come la grandine i grappoli restanti sui filari. Questo pensiero d’un pessimismo assoluto, è stato poi cancellato nelle edizioni ventisettana e quarantana del capolavoro “Ufficiale”, ma ci fa comunque riflettere, come mi ha fatto riflettere la lettura del presente libro di una giovane donna, la quale innesta al dramma del covid la sua interiorità in riesame, legata ai fatti stessi della sua vita. È un fluire di considerazioni, un narrare limpido e fruibile, tanto che alcune pagine prendono a viva forza il lettore per una sorta di “castità” emozionale, di sviluppo come un “itinerarium mentis in aeternum”, vale a dire che Marzia Mancini descrive il flagello e fornisce numeri esatti, ma si solleva da esso per una lievitazione spirituale come se il dolore giornaliero suo ed altrui, e il riesame della sua esistenza toccata dall’abbandono paterno a tenera età, fluissero in un recitativo religioso, in un “oratorio” del tocco lieve e grandioso di un Carissimi, di un Perosi, di un Pergolesi. Ho preso a prestito i musicisti e non a caso, perché il dettato letterario di questa giovane autrice ha il battito d’un pentagramma intimo, eppure corale. Diciamo un assolo che si eleva sul contrappunto armonico: tale è la sensazione che traggo dalla sua “antica” lettura (man mano che la scrittrice componeva, entravo nel suo dettato in anticipo: e ne serbo grato ricordo).

Il titolo del libro è emblematico. Il commento, naturalmente, è nelle pagine che, a onor del vero (e non esagero) hanno passi degni di antologia. La privazione d’una certa libertà di movimento esterno costretta dalla pandemia, si riflette dall’orfanezza spirituale dell’autrice. È un accadimento speculare e – credo – un fatto-chiave per entrare nei segreti d’un’anima. Ogni narrazione, come ogni silloge poetica, ha un centro gravitazionale a cui convergere e da cui ripartire per irraggiamento gnomico. Io penso che la sparizione della figura paterna, causa poi di malesseri anche psico-fisici della nostra autrice, sia una macula che si colora man mano che nell’intimo di Marzia entra un’altra figura maschile, ancorché giovane; ma il sostrato polisemico che irradia dall’interno le sensazioni e i pensieri (nonché talvolta la resa lirica dell’opera) è dato dalla ricerca di una “giustificazione esistenziale”. Non voglio dire di più, per non togliere al lettore la curiosità della scoperta. La protagonista, in tal modo, diventa un alter ego di chi soffre e cerca una via di salvezza dal dolore al momento stesso in cui una minaccia mortale grava su tutti noi. Ce la sentiamo vicina questa giovane, perché in fondo l’unità dello spirito umano in qualche maniera lega l’individuo al suo simile nella società, dove ogni anonimo prende un nome, una figura, una verosimiglianza. Ecco che la proiezione (inconscia) delle problematiche umane insite nella scrittura si fanno sangue e respiro di altri esseri: solo così un’opera diviene universale da particolare, perché come ogni paese rispecchia il mondo, allo stesso modo ogni anima riflette la complessità generale e in essa si inserisce col suo pianto, la sua speranza, il suo innalzarsi nella preghiera, a guisa  della goccia nel mare tumultuoso, dove si perde ma si assicura la forza perenne dei flutti e delle profondità.


Marzia Mancini è nata a Roma nel 1989, vive in un paese sulle alture dei Castelli romani. Dopo aver studiato canto lirico e arte drammatica, decide di dedicarsi totalmente ad un’altra sua passione, la scrittura e nel 2018 entra a far parte dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio. Ha collaborato per il giornale online di attualità Il Mamilio e dopo una serie di curiose coincidenze comincia ad approcciarsi al mondo del gossip divenendo redattrice del settimanale Eva3000. Attualmente scrive come giornalista freelance per la rivista femminile F. Nel 2016 ha preso parte ad un progetto sull’invecchiamento attivo indetto dalla Regione Lazio, partecipando alle riprese e alla stesura del DVD-libro Fior de’ mentuccia. Di recente ha inaugurato un suo canale YouTube intitolato Extra-Ordinari di Marzia Mancini in cui conduce interviste a vari personaggi dalle storie e personalità fuori dal comune. Scrive poesie da quando è bambina e si definisce una cacciatrice di bellezza, tanto da fare, della ricerca di quest’ultima, una vera e propria ragione di vita.

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