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Un racconto extraterrestre

Ottobre 27
15:14 2010

Periodi marziani.

Ero piuttosto preoccupato per la mia sopravvivenza. Più che altro a livello fisico: cosa avrebbero fatto di me?
“Decontaminazione” avevano detto. Ma, suvvia, onestamente, chi crederebbe a gente che arriva da un’altra galassia e ti rapisce? (Anche se gentilmente)
E poi il modo, non era stato certo dei più corretti.
Stavo tornando a casa, passando per le stradine strette della città vecchia. Era già notte ma i muri di pietra e il selciato ribollivano per il caldo torrido di questa estate. I ben informati sostengono che sia la più calda da 186 anni. Comunque all’altezza di via della Viola sento un grido. Mi giro a guardare e in quel budello di strada vedo alcuni uomini che stanno cercando di immobilizzare una donna.
Immaginatevi il sobbalzo emotivo dal quale sono stato scosso. E non avevo neanche il cellulare per chiamare le forze dell’ordine.
Non potendo fare altro mi avvicino e chiedo: “Potrei sapere perché vi comportate in modo così scomposto?”
Non è che sono stupido, semplicemente ho studiato psicologia, come dilettante, e so che generare stupore comportandosi in modo non convenzionale è la tattica migliore per affrontare persone fuori di senno che praticano la violenza.
La mia allocuzione ebbe il primo effetto di far girare gli aggressori che mi guardavano come se fossi un lombrico morto.
Uno di loro, che sfoggiava un bel paio di denti marci, mi ringhiò contro: “Sparisci merda!!!”
Pensai che probabilmente conosceva insulti ben più sostanziosi e che quindi la scelta di un improperio di medio livello segnalava una possibilità per la mia strategia. Cercando di controllare il tremore della voce continuai: “Suppongo che non siate informati sul fatto che un orgasmo veramente soddisfacente abbisogna di rilassamento e tenerezza?!?”
Mentre lo dicevo appurai che i miei avversari erano quattro e pure ben messi. Le mie possibilità di abbatterli in rapida successione erano insignificanti. In mezzo a loro la ragazza mi guardava con un briciolo di speranza. Ma solo un briciolo.
“Fatti i cazzi tuoi.” Insistette l’energumeno.
“Mia madre mi ha spiegato che la contrazione muscolare e lo stress emotivo che accompagnano invariabilmente uno stupro sono comportamenti inibenti del piacere. L’esperienza orgasmica ne risulta impoverita.”
“Sparisci o ti ammazzo! Io non ho lo stress c’ho il cazzo duro.”
Considerai la sua risposta una vittoria: stava rispondendo a quanto avevo detto sullo stress. Lo avevo coinvolto. La cosa più difficile era fatta. Ora dovevo solo sopravvivere ancora per un po’.
“Vorrei farvi un esempio.” Continuai. “Vi ricordate la sensazione meravigliosa di quando da bambini ci facevamo la cacca addosso con il pannolino?”
Ovviamente questo li fece incazzare.
I veri maci odiano ricordarsi che sono stati dei cagoni anche loro.
Uno restò a trattenere la ragazza. Gli altri si avvicinarono a me minacciosi.
Decisi che era ora di cambiare registro e iniziai a urlare con tutto il fiato che avevo in gola. La paura era improvvisamente sparita. Probabilmente mi avrebbero ammazzato ma ci avrebbero impiegato un po’ di tempo. Forse la ragazza sarebbe scappata, forse sarebbe arrivata la polizia, forse…
Comunque avevo fatto la cosa giusta ed era un modo dignitoso per morire…
Iniziai a urlare e mi stupii io stesso della potenza della mia voce: “Dio ama tutti gli uomini. Dio ama tutte le donne. Dio ti chiama a sé e ti chiede in cambio di tutto il suo amore solo la rinuncia all’orrore!”
Qualcuno si affacciò alla finestra e gridò: “Deficiente ho chiamato la polizia sono le due di notte! Hai rotto i coglioni.”
Gli inviai un messaggio d’amore empatico. Forse ne uscivo vivo.
A quel punto la bestia alla mia sinistra (che doveva essere un patito dell’odontotecnica a differenza del suo amico e aveva i denti che brillavano di luce propria) tirò fuori il coltello e mi sputò addosso un: “Adesso ti apro la pancia!”
Io risposi: “Ma così sarà veramente schifoso!”
Affondò il coltello e io mi chiesi se non sarebbe convenuto sputargli in faccia per farlo incazzare ancora di più e ottenere una morte rapida, che è sempre meglio di niente. Ma forse fu il semplice desiderio di togliermi la soddisfazione quel che mi spinse a centrarlo con uno scaracchio impietoso. Poi mi disposi nello stato d’animo adatto a cercare di evitare il suo affondo gastrico. E se fossi riuscito a pestargli un piede e fratturargli un paio di dita non mi sarebbe dispiaciuto.
Ma, un attimo prima che la lama mi sfiorasse, il pazzo si immobilizzò come se fosse restato improvvisamente pietrificato.
Guardai i suoi soci pronto a schivare ma anche loro erano immobili come manichini.
La ragazza invece mi sorrideva e si stava avvicinando. Mi abbracciò e mi mormorò: “Grazie! Sei un terrestre veramente coraggioso!”
Ebbi la sensazione di essere finito in una trasmissione televisiva a base di scherzi idioti. Ma la situazione era più complessa.
La ragazza ci mise un po’ a spiegarmela.
“Veniamo dalla galassia che noi chiamiamo “Dei Fiori lucenti” e stavamo cercando un umano capace di coraggio e razionalità. E ti abbiamo trovato. Vorremmo studiarti e sintetizzare l’elemento del tuo Dna che ti rende così positivo, produrlo in quantità enormi e vaporizzarlo sul tuo pianeta. Così si otterrà di migliorare la tua razza, fermare le guerre, rendere questo pianeta un paradiso…”
Una parte di me era lusingata. L’altra parte si chiedeva quale truffa malefica stessero cercando di architettare ai miei danni.
Provai a fare obiezione: “E se non volessi essere studiato da esseri provenienti da un’altra galassia? Cosa fai, mi fai immobilizzare dai tuoi finti aggressori?”
“Sono solo robot… E comunque non ho bisogno della loro violenza. Noi siamo un popolo civile. Comunque ora devi fare una decontaminazione.” Toccò la collana di perle che adornava la sua scollatura e tutto scomparve.
È così che mi trovai in questa specie di cella in plastica indeformabile.

Passai un paio d’ore in quella sgradevole situazione di costrizione. Poi la porta si aprì scorrendo lateralmente. Apparve un giovane alieno vestito con una tutina aderente d’argento tipo ballerino. Teneva la mano su una spilla che gli pendeva sopra il petto. Intuii che poteva attivare qualche marchingegno in grado di neutralizzarmi se avessi tentato una reazione. Ma generalmente non tento azioni disperate quando sono solo, disarmato e prigioniero di misteriosi extraterrestri.
Il giovane ballerino mi guidò attraverso lunghi corridoi fino a una sala circolare dove mi aspettavano una decina di persone. Una donna anziana mi parlò con voce gentile ma determinata. “Ci complimentiamo per il tuo coraggio, durante la decontaminazione abbiamo prelevato un tuo capello. In questo momento stiamo processando la tua sequenza genetica. Entro domani mattina la nostra astronave inizierà a sorvolare il tuo pianeta e a spargere un aerosol in grado di migliorare l’indole dei tuoi simili.
Fra poco ti ritroverai nella tua città. Ma prima volevamo ringraziarti.”
“E il vostro ringraziamento in cosa consisterebbe?” Chiesi io.
La donna scambiò occhiate interrogative con gli altri individui e in particolare con la ragazza che mi aveva rapito.
Poi l’anziana donna rispose: “Ti ringraziamo. In questo consiste il nostro ringraziamento. Esprimiamo la nostra ammirazione per la tua persona e ti diciamo grazie perché ci hai aiutati a salvare la tua specie dall’autodistruzione.
Evidentemente avevano sottovalutato le qualità dell’intelligenza umana.
E anche la mia conoscenza intuitiva dei principi generali che regolano TUTTE le grandi organizzazioni sociali a prescindere dalla loro provenienza galattica.
Così iniziai a inchiodarli con i loro stessi chiodi. Una strategia antica, già citata dal libro dei 36 stratagemmi. La usò il duca di Zheng secoli prima della nascita di Gesù. Ma evidentemente gli extraterrestri della galassia Dei Fiori Lucenti non si erano occupati di studiare attentamente i saggi taoisti dell’antichità.
Iniziai a spiegare il mio punto di vista con estrema calma. Parlavo lentamente perché sospettavo che i loro traduttori simultanei lavorassero meglio a basso regime.
“Signore, signori, voi siete una civiltà evoluta e potete certo comprendere che per quanto sia stato bello da parte vostra salvare l’umanità questo non vi esonerava dal comportarvi civilmente nei miei confronti. Invece mi avete trattato come una cavia priva di valore. Mi avete messo contro quattro robot violenti e avete provocato un grave shock emotivo alla mia mente. Inoltre mi avete sequestrato senza una mia autorizzazione, tenuto prigioniero in una cella. E vi siete impossessati di un mio capello senza chiedere il mio consenso. Quindi posso concludere che ho subito un grave danno. E posso anche intuire che voi siete una missione che è vincolata da precise regole e che avete, ad esempio, videoregistrato tutto quanto è successo. E certamente dovrete rendere conto a un’autorità di controllo che potrebbe notare che il vostro comportamento ha violato almeno una decina di regole fondamentali che dovevate rispettare durante i vostri contatti con gli abitanti del nostro pianeta. O volete farmi credere che siete una nazione di barbari che danno a una missione il potere di distribuire angherie indiscriminate alle razze che si trovano a livelli di sviluppo tecnologico inferiore? Tutto questo mi puzza di razzismo, sciovinismo, presunzione, abuso d’autorità e abuso di mezzi coercitivi.”
Alle mie parole seguirono facce scandalizzate e frasi mormorate tra i denti. Avevo fatto centro.
Me ne stavo zitto in attesa che incassassero il colpo fino in fondo. Poi lanciai l’affondo: “Vi chiedo quindi di poter esporre una protesta ufficiale alla vostra autorità di controllo. Io protesto per il trattamento al quale sono stato ingiustamente e illegalmente sottoposto da questa unità.”
L’anziana donna, che ormai ero certo comandasse la missione, era paonazza ma riuscì a controllarsi e dopo alcuni secondi ritrovò la capacità di ragionare: “Potreste spiegarmi quale tipo di ringraziamento considerereste congruo per ripagare la vostra sofferenza?”
Avevo fatto centro. Erano veramente un popolo evoluto, civile e pacifico. Ma la loro superiorità culturale non li aveva salvati dal peccato della presunzione. E io ero la cura.
Non avevano mai immaginato che avrei potuto minacciare di citarli per danni. Probabilmente non si erano mai neanche letti un legal thriller.
“Credo che sarei soddisfatto se versaste sul mio conto bancario un paio di miliardi di euro, li accetto anche in dollari se preferite. E poi vorrei trascorrere un paio di mesi in un’isola tropicale a bere latte di cocco con un centinaio di giovani figlie del popolo dei Fiori Lucenti per approfondire le conoscenze reciproche dei rispettivi cerimoniali di accoppiamento. E mi farebbe piacere se tra le ragazze ci fosse lei.” Conclusi indicando la ragazza che mi aveva rapito.

Provarono a contrattare ma senza convinzione.
Così conobbi le delizie di Hulun, isola lussureggiante sul pianeta Honk.
E devo dire che anche le pratiche sessuali di quelle parti sono molto lussureggianti. Specie quando si praticano con un rapporto maschi-femmine di uno a cento.
D’altra parte era necessario mettere le cose in chiaro fin dal principio.
Sennò finisce che gli alieni venuti a migliorare il nostro stile di vita si montano la testa e decidono di trattarci come una colonia di selvaggi.
Come diceva il saggio Zao: “Chi si fa pulcino l’aquila se lo mangia!”

Per inciso la spruzzata col mio codice genetico autoimplementante ha funzionato.
Tanto per darvi un’idea di quanto le cose vadano meglio adesso Beppe Grillo è il presidente degli Stati Uniti d’America e Daniele Luttazzi lo hanno fatto Papa.
Non ci sono più né fame né inquinamento né guerre e si scopa molto più di prima.
E tutti mi trovano estremamente simpatico.

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