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Versi tra le sbarre – a cura di William Navarrete

Versi tra le sbarre – a cura di William Navarrete
Settembre 01
02:00 2007

Edizioni Il Foglio – 2006 – 10 EuroChe Cuba riporti a ben altre immagini che i consumati simboli di rivoluzione da taluni ancora cavalcati, i tipi de Il Foglio non se lo sono lasciato sfuggire realizzando e curando un’intera collana sull’argomento. Tutto questo, nondimeno, gli è costato qualche palese censura praticata persino in un paese libero come il nostro. L’etica della centralità della dignità dell’uomo, espressa con fermezza e priva di rancori, nell’oggettività di un’umana richiesta, è quanto colpisce in quest’antologica, non tanto nella forma dei versi, spesso eterogenei, quanto nella loro stessa consistenza. E’ un sommesso anelito che non viene mai meno, quello di una Cuba libera, dove nessuno debba mai più vergognarsi di appartenere alla propria terra. La copertina di Elena Migliorini ne esprime appieno l’idea. Le traduzioni di Elisa Montanelli sono puntuali e letteralmente pure, forse troppo, talvolta, da tralasciare la poesia. Navarrete, il curatore del testo, è un esule cubano che risiede e coordina a Parigi attività di dissidenza. Nella prefazione la primavera del 2003 aleggia ancora come “spietata repressione di un regime totalitario” che imprigiona giornalisti, poeti ed altri attivisti per i diritti umani. Vazquez Portal, già affermato poeta prima dell’incarcerazione, viene ricordato “libero in questa nostra gigantesca prigione: Cuba” dove si conclude desiderando “speranza per un intero popolo prigioniero”. Sì, questa è Cuba, sebbene una certa sinistra, apologeta del mito, pur di fare antiamericanismo, sarebbe disposta a vendere l’anima al primo talebano esploso alla stessa stregua di una certa destra. Molti degli autori presenti hanno collaborato con Radio Martì, a Miami, dove risiedono gran parte di coloro che sono riusciti ad abbandonare l’isola. Gonzales Alfonso è uno di loro, giornalista indipendente che mette in versi un Otello carceriere: “il suo odio/lo riservava ai condannati”. Iglesias Ramirez, scrittore e militante del Movimento Cristiano di Liberazione, auspica una resurrezione intrisa di compassione, incluso verso i nemici, perché “Dio li ama. E anch’io”. Mayo Hernàndez è tra quanti hanno più patito a causa di precarie condizioni di salute e dell’ostinata insensibilità di un regime che arriva persino a negargli l’assistenza medica. Resta in lui, nondimeno radicata, una consistenza del femminile “penetrata nella pelle” e che gli “ha infuocato le ossa”. Forse più di altri è ancora legato alla tradizione modernista e alle sue schegge romantiche; emblematica, in questo senso, la sua musa, un calembour di “solubile indugio” e sinestesie al “suono di naftalina”, dove tuttora si percepisce la “nutritiva vernice” di questo genere di poesia. Olivera Castillo è tra quanti in passato collaborarono col regime e, con coraggio e coerenza (“la bile è riuscita a divorare il mio nome”), ne mostra le “orecchie della perversità”: “Cuba affonda!”. Il poeta Raúl Rivero Castañeda, dopo aver subito l’umiliazione del carcere, vive esiliato a Madrid. Con Alta fedeltà si cimenta in originali metafore a trentatre giri: “Si libereranno dal dolore del giradischi/torturato dallo strofinio e dalle punte”. A merito di Pier Ferdinando Casini va l’aver riportato adeguata attenzione al suo caso durante il seminario Cuba e democrazia svoltosi nel 2004 e citato nella nota biografica redatta sull’autore. Omar Moisés Ruiz Hernàndez, membro del Partito Liberale Democratico Cubano, ci descrive molto bene, attraverso uno stile prossimo al prosastico, come “puniscono con spietatezza l’ansia/umana di vivere in libertà”. “Vengo, patria, ad abbracciarti/per risorgere insieme a te” sono i versi con cui Manuel Vazquez Portal conclude questa antologica. Nell’augurio che questo avvenga quanto prima possibile, che tanto il vecchio quanto il nuovo castrismo di Chavez sia, per sempre, sradicato dalla regione, non possiamo esitare un solo istante nel prendere inequivocabilmente posizione verso chi collabora attivamente con l’Iran atomico, teocratico e negazionista. Infine, se qualcuno dovesse nutrire ancora dei dubbi sulla Isla feliz, una più adeguata delucidazione la potrà ottenere attraverso l’appello di Amnesty International riportato a tergo del libro.

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