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Viaggio nelle comunità religiose dei Castelli Romani – 1

Maggio 18
23:00 2008

La libertà religiosa come libertà di tutti.
La questione della libertà religiosa appare sempre più nodale, non solo in un mondo dilaniato dai conflitti di tipo confessionale, ma anche all’interno dei singoli ordinamenti. Non sempre infatti alle affermazioni di principio corrispondono altrettanti spazi di fruibilità. In Italia, per esempio, sono anni che il dibattito sulla libertà religiosa si incentra soprattutto sull’ipotesi di una legge che ne possa tratteggiare la fisionomia, estendendo la libera espressione di fede non solo a tutti i credenti di un determinato gruppo religioso, ma indistintamente a tutti gli individui. La Costituzione italiana promuove infatti il massimo grado di libertà religiosa e pone le diverse confessioni su di un piano di assoluta uguaglianza; l’orientamento giurisprudenziale della Corte costituzionale ha poi, soprattutto a partire dalla fine degli anni Ottanta, contribuito ad estendere gli ambiti di libertà effettivamente godibili, attraverso un’interpretazione estensiva delle norme costituzionali in questione, includendo anche gli atei tra i meritevoli di tutela giuridica, ed informando l’ordinamento giuridico nazionale nel suo complesso sul principio di laicità. L’argomento è tanto più complesso quanto più si guardi alle circostanze storiche che hanno portato al superamento del confessionalismo da parte dello Stato (avvenuto con il rinnovo del Concordato con la Chiesa cattolica nel 1984), alla stipula delle Intese con alcune confessioni religiose che ne avevano fatto richiesta (dai Valdesi ai Luterani, dalla Comunità Ebraica agli Avventisti, dalle Assemblee di Dio ai Battisti) ma anche ad una nuova interruzione di quella feconda stagione di accordi quale si è andata determinando a partire dal 2000 con la sospensione delle due intese già firmate – ma non divenute ancora leggi – con i Testimoni di Geova e con la comunità Buddista. L’attuale impasse è in larga parte attribuibile ad una rinnovata difficoltà nei rapporti fra le confessioni religiose, all’incapacità della classe politica di dare concretamente forma al principio di laicità dello Stato “ che impone equidistanza da parte degli organi pubblici nei confronti del fenomeno religioso “ e per ultimo alle oggettive difficoltà di disciplinare i rapporti con la più complessa e multiforme realtà religiosa straniera oggi presente in Italia, quella islamica. Quale che sia la soluzione, essa non può certo prescindere dal pieno rispetto della libertà religiosa di ogni individuo; è per questo auspicabile il superamento di quelle resistenze che hanno impedito nel corso delle due ultime legislature l’adozione di una apposita norma sulla libertà religiosa che dia concreta attuazione al principio sancito dalla Costituzione e possa essere premessa per una nuova stagione delle Intese. Le ritrosie nascono infatti molto più spesso dal pregiudizio e dalla scarsa conoscenza dei fenomeni religiosi; per questo vorremmo iniziare, a partire dal prossimo numero, un ciclo di articoli che possano consentire di conoscere le realtà religiose presenti nella zona dei Castelli Romani, offrendo a tutti una opportunità di incontro e di confronto.

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