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Albafor, lo studio e il lavoro

Febbraio 28
14:19 2011


Quanti sono gli studenti e quali gli indirizzi di studio?

«L’Albafor è un istituto di formazione, orientamento e ricerca ben radicato nel territorio dei Castelli Romani e non solo. Vanta diverse sedi operative ed ognuna di queste ha uno o più indirizzi formativi. Nel mio caso specifico, la sede di Albano Laziale è quella con il maggior numero di iscritti; ne abbiamo circa 350, distribuiti tra gli indirizzi di Operatore Grafico, Operatore Amministrativo Segretariale, Operatore del Punto Vendita ed Operatore per il Benessere (quest’ultimo attivo presso la succursale di via Rossini). Inoltre la sede da me diretta, unitamente a quella di Pomezia, è in grado di ospitare, oltre ai corsi dell’obbligo formativo appena menzionati, anche i PFI (Percorsi Formativi Individualizzati) per ragazzi in condizioni di svantaggio.»
Quali, secondo la sua esperienza, le cause del disagio giovanile oggi?
«Gli adolescenti oggi hanno difficoltà a trovare nella società punti di riferimento a loro necessari, hanno bisogno di regole e sono disorientati. Se dovessi citare un autore che possa rispondere alla domanda che Lei mi ha posto, mi viene in mente l’opera di Galimberti dal titolo L’ospite inquietante. In essa lo scrittore descrive, con grande capacità esplicativa, il bisogno dei giovani di trovare nuovi stimoli per combattere la rassegnazione, l’apatia emotiva, e in definitiva per allontanare dalla propria esistenza l’ospite indesiderato che risponde al nome di nichilismo.»
Gli studenti di Albafor, impegnati nel teatro, nella musica, in discipline inerenti la tecnologia etc., leggono anche testi di narrativa per commentarli, possibilmente, con gli autori. Quest’anno è stato scelto il libro “Nel frammento la vita”, dello scrittore di Albano Aldo Onorati. Come è stata la risposta degli studenti?
«Gli allievi hanno letto con crescente fervore i racconti e sono riusciti ad immedesimarsi nel contesto narrato dall’autore, seppur distante dalla loro quotidianità. Con mia immensa gioia, hanno compreso che non è il benessere materiale a darci la gioia di vivere, bensì un rinnovato contatto con gli affetti che ci circondano e con gli eventi che tutti i giorni, anche se spesso non consapevolmente, respiriamo in questi luoghi ricchi di storia. In particolare, una osservazione fatta da un mio allievo mi è rimasta impressa in mente con nitidezza: “Perché gli adolescenti di allora, pur vivendo gli stenti del dopoguerra, erano più creativi e felici di noi?”. La possibilità di interagire direttamente con l’autore di un testo letterario rende vivo il contesto illustrato dallo stesso. I nostri ragazzi hanno approfittato volentieri di questa occasione, grazie alla disponibilità dell’autore ed alla sua spiccata capacità di coinvolgere la platea. Nonostante il gap generazionale tra oratore e auditori, lo scrittore è riuscito a stabilire un contatto profondo con i giovani, anche grazie all’uso frequente della saggezza popolare che prende forma negli aneddoti e nei proverbi, ed alla narrazione di digressioni di vita vissuta che non possono far altro che catturare completamente l’attenzione di menti curiose.»
La scuola che Lei dirige è posta proprio a piazza San Paolo, che è lo scenario principale del luogo raccontato nel libro; quale effetto fa leggere avvenimenti ed avventure svoltisi negli stessi luoghi quasi sessant’anni fa?
«È curioso che lei mi ponga questa domanda, poiché proprio i passi dell’opera in cui vengono descritti i luoghi che ospitano oggi la nostra sede, sono stati quelli che maggiormente hanno catturato l’attenzione dei miei ragazzi. C’è chi sostiene, ed io sono tra quelli, che per comprendere il presente ed indirizzarlo verso il giusto futuro, occorre aver compreso il passato. Leggere di esperienze passate che hanno caratterizzato il luogo in cui oggi viviamo, permette l’instaurarsi di un rapporto privilegiato con lo spirito della storia e, conseguentemente, dell’uomo. I ragazzi, durante la lettura in aula, erano soliti affacciarsi dalla finestra per guardare la piazza in cui si svolsero gli avvenimenti narrati. Una piazza che vedono tutti i giorni, ma che, in quell’ occasione, probabilmente hanno osservato con occhi del tutto nuovi. Un’altra cosa che li ha colpiti è il differente grado di avanzamento e massificazione della tecnologia. Li ho sorpresi intenti ad immaginare piazza San Paolo senza nessuna automobile parcheggiata, e subito dopo esclamare: “doveva esser proprio bello!”»

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