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“Alberi senza radici” di Michelle Bonev

Ottobre 11
18:52 2009

Più che una storia di crescita, il romanzo è una rappresentazione emblematica della vita che nasconde a se stessa il proprio destino ineluttabile. Scritto dall’attrice e presentatrice bulgara Michelle Bonev, il romanzo, è di genere autobiografico e si sviluppa attraverso il racconto parallelo della stessa autrice e di Giuseppe Corasaniti. Il contesto sociale, quello dell’apertura delle frontiere e la caduta del muro di Berlino con la conseguente fine del comunismo, vede, tra gli anni ’80 e ’90, un miglioramento negli spostamenti della popolazione europea, ma anche un aumento della criminalità. Ragazze in cerca di fortuna vengono attratte da impresari che operano nel settore dei locali notturni; Michelle riceve molte offerte di lavoro dall’Italia, ma rischia di essere coinvolta in situazioni pericolose, da cui, tuttavia, riesce a svincolarsi. Emigrata in Italia alla ricerca di se stessa e della propria libertà, ella decide di seguire sempre il suo cuore e vivere i suoi sogni, più che inseguirli. Giuseppe è un giovane che decide all’improvviso di cambiare la strada che per anni gli era sembrata la più giusta, la carriera di notaio. Entrambi sono affascinati dal mondo della moda – lui è agente, lei modella, poi talent scout di belle modelle – un mondo dove la verità solitamente si oscura dietro a una realtà puramente mondana. Realtà alla quale sentono di non appartenere, ma nella quale decidono di rimanere per vincere una sfida nei confronti del mercato internazionale, ma prima di tutto nei confronti di se stessi. L’incontro tra i due avverrà in modo casuale del racconto e in un punto sorprendendo e rispondendo alle aspettative del lettore. Sul piano narrativo l’uso della terza persona indica chiaramente un narratore extradiegetico, che non coincide con il personaggio, ciò che fa da contrappunto sul piano della storia per la presenza di un narratore omodiegetico, dal momento che l’autrice racconta la propria storia. Se l’uso del discorso diretto riduce la distanza tra il narratore e il personaggio, dal momento che il primo cede la parola al secondo, attraverso il monologo interiore o pensiero diretto libero il lettore viene direttamente introdotto nella vita interiore del personaggio, che esprime liberamente in prima persona il proprio pensiero eliminando del tutto il narratore. L’uso del corsivo e del tempo presente lo distingue dal racconto al passato, aggiungendolo alle rare pause descrittive del romanzo ed estendendo il tempo del racconto rispetto a quello della storia, quindi allo sviluppo dell’azione: più che di descrizioni esteriori, il romanzo è ricco di descrizioni della vita interiore dei due personaggi. La ricerca della verità, la necessità di essere onesti con se stessi e il coraggio di essere sempre se stessi è la loro intima ambizione, l’unico modo per sconfiggere le proprie paure. Entrambi comprendono come cercare la verità significhi riconoscerla in un mondo di schiavi (di se stessi come dei propri principi) e soffrire di più poiché si è consapevoli di essa. Diversamente, “ogni tipo di droga o palliativo fa sì che ci si addormenti senza sognare”; allo stesso modo, a volte “è meglio dormire con i nostri dubbi, che rimanere delusi dalle nostre certezze.” Eppure, solo quando la verità viene in superficie e nessuna bugia detta a se stessi può più coprirla si può scegliere consapevolmente se vivere accettandola o morire interiormente ignorandola. Il romanzo, però, è anche il racconto della lotta contro la paura su due fronti diversi, quello della vita per Giuseppe e della morte per il suo migliore amico Giorgio, malato di cancro, il quale combatte e trova il senso della vita nel presente. “Non importa dove siamo nati, né quando moriremo. L’immortalità per lui è vivere adesso come se fosse il primo e l’ultimo istante”. Giorgio desidera scrivere un libro per comunicare al mondo “che la vita non è una corsa sfrenata al successo, ai soldi, al potere, ma un continuo scambio di energia tra noi e ciò che ci circonda”. Se da un lato Michelle sente la necessità di andare fino in fondo in ogni cosa e in ogni relazione per non lasciare dentro di sé alcun rancore che sarebbe poi riemerso e sentirsi libera, dall’altro ella sa che andare fino in fondo vuol dire oltrepassare un muro oltre il quale non ci sono false certezze o illusioni, ma solo la fede. La speranza, invece, si scopre essere il nemico più grande, poiché “sperare di vivere un giorno la vita, non permette di viverla adesso.” “Sono come un albero che cambia continuamente terreno, per dare più frutta; un albero che non permette alle sue radici di attecchire, che impedisce alla paura di entrare. Un albero senza radici, che succhia la linfa vitale non dalla Terra, ma dall’Universo”. Questo l’epilogo del romanzo: Michelle decide di andare all’appuntamento con il proprio destino scrivendo un libro sulla propria storia. È l’inizio della prima grande storia d’amore della sua vita: quella con se stessa. “Quando la mente sale di livello anche le esigenze cambiano. Non hai più bisogno di farti del male. […] Quello che oggi è il nostro modo di esprimere le emozioni, può non esserlo domani. […] Bisogna avere il coraggio di seguire le emozioni e i mutamenti che avvengono dentro di noi, perché non c’è arte più grande nella vita, che l’arte di viverla!”

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