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Antropologia Culturale e Psicopatologia, di Bria e Caroppo

Antropologia Culturale e Psicopatologia, di Bria e Caroppo
Aprile 01
02:00 2007

Copertina de Antropologia culturaleI temi proposti dal volume Antropologia culturale e psicopatologia – Sistemi di pensiero a confronto di Pietro Bria ed Emanuele Caroppo (Alpes Italia, www.alpesitalia.it) non possono lasciare indifferenti quanti si confrontano, ognuno secondo le proprie specifiche competenze, con il fenomeno della migrazione e delle questioni in campo sociale e sanitario che i flussi migratori pongono. Partendo dagli operatori sociali e della salute mentale, passando attraverso gli studiosi universitari e i ricercatori, sino all’ambito della politica e all’opinione pubblica; tutti ci troviamo quotidianamente a interagire con persone che provengono da altre nazioni, continenti, culture. Dalla collaboratrice domestica al mendicante, dall’operaio al tossicodipendente, dal rifugiato all’alunno nordafricano la nostra vita e ricca di incontri “transculturali” nel vero senso del termine. Ma siamo veramente pronti a questo incontro di culture? Ne sappiamo abbastanza della civiltà di questi popoli? Abbiamo imparato dalla storia dei nostri padri che decine di anni fa si spostavano verso i “Nuovi Mondi” in cerca di fortuna, adesso che l’ondata migratoria “di ritorno” ci riguarda? A queste e ad altre domande non è facile trovare una risposta, ma il libro che qui presentiamo può rappresentare un buon punto di partenza per un tipo di riflessione volta a creare uno spazio in cui queste domande possano stimolare una dialettica efficace.
Nella trattazione non è trascurata la migrazione come punto di partenza per interpretare determinati quadri psicopatologici, il problema non è solo dare risposte ad un paziente straniero, ma più a monte ci si chiede come poter considerare la potenziale patogenicità della condizione stessa del migrante, che troppo spesso in fuga e sradicato dalla propria terra si ritrova catapultato in una realtà incomprensibile e a volte ostile.
L’ultima riflessione, che chiude il volume, è affidata al ruolo della politica nel merito delle questioni dell’etnopsichiatria. Non una politica intesa come scontro tra posizioni più o meno ideologiche, bensì la politica come forza “generativa” che partendo da una riflessione storica, teorica ed epistemologica possa fondare, come citato nel titolo del capitolo, le politiche dell’etnopsichiatria.
Dalla fiduciosa riflessione sul potere della politica di rendere il pensiero azione, appare evidente come questo volume possa contribuire a gettare le basi conoscitive e di metodo perché l’accoglienza della sofferenza dell’altro non rimanga solo all’interno dei confini di ciò che ci è più familiare e vicino, ma l’altro divenga veramente l’occasione per l’incontro più intenso e vitale di cui l’uomo è capace nella sua propensione per l’universalità, l’incontro transculturale ed interetnico.

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