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Il Natale di Roma

Maggio 01
02:00 2007

A quanto pare è una mattina fresca, dopo la leggera pioggia di ieri sera. Erba bianca di brina si stende lungo il prato di Piazza delle Repubbliche Marinare, davanti alla fermata dello 01. Arrivo in ufficio. Penso di essere sempre allegro e disponibile. Un collega mi informa di promozioni ambigue e di reggenze ai soliti raccomandati. Così si dice, rispondo. Tuttavia rimango un po’ turbato. Per quanto amara può risultare la verità, la mia innata esuberanza mi restituisce presto il buonumore. Oh, bene! È già sera: esco dall’ufficio. Sennonché all’ex Piazza Esedra – ora della Repubblica – mi imbatto casualmente in mio fratello. Così, prendiamo un caffè. Bene, ho un’ottima scusa per accantonare i pensieri amari che, mio malgrado, mi hanno accompagnato per tutto il giorno. “Un momento” dichiara ad un certo punto in tono solenne “il prossimo 21 aprile, Natale di Roma, festeggerò il mio compleanno, essendo nato 44 Natali di Roma fa. Avrei una proposta da fare: perché non viene ripristinata a Roma la festività del Natale di Roma, dato che in ogni parte del mondo si trova qualcosa che la ricorda ed è l’unica civiltà ad avere radici cosi lunghe e ramificate?” “Giusto, Stefano, hai ragione”, convengo sorridendo. Del resto sono duemilasettecentosessanta anni, mica uno. Il prossimo Natale di Roma sarà il settimo compleanno del nuovo millennio. Il 21 aprile, secondo la tradizione, è il Natale di Roma: il giorno in cui Romolo, nel 753 a.c., avrebbe tracciato il confine originario della città. Forse questa è una data leggendaria perché sembra che, prima che Romolo tracciasse il famoso solco entro cui far nascere la città di Roma, alle pendici del Campidoglio già ci fosse una piccola comunità. La nascita di Roma, quindi, risalirebbe a prima dell’anno 753 a.c. ma la leggenda, ricca di fascino, non offusca la seduzione di Roma, città eterna, anzi la arricchisce di magia. La data del 21 aprile ha una spiegazione. Nell’antico calendario cadevano in questa data i festeggiamenti in onore di Pale, divinità della fecondità. Le Palilia, così queste feste venivano chiamate, erano comuni a tutte le genti che si incontravano per purificare con fumigazioni, il bestiame e le stalle. Fra le capitali del mondo, Roma è, a mio parere, quella che possiede il patrimonio archeologico di gran lunga più rilevante. Era la prima metà dell’Ottocento quando Stendhal passeggiava estasiato per Roma in cerca della classicità e del colore locale che tanto lo affascinavano. Sono passati quasi duecento anni da allora, il Tevere è sempre più giallo, il Papa si è ritirato dietro le Mura del Vaticano e il romano è rimasto imperturbabile, menefreghista, pacioso e scanzonato come lo definiscono i soliti e vecchi luoghi comuni in bocca a chi non ha avuto la sorte di nascere sotto il cupolone. Ma pochi sono ora i romani, quasi una razza in via di estinzione, in una città imbarbarita e involgarita. Quelli che ancora sono convinti, a ragione, che tutto il mondo è provincia, solo Roma è città. Gli stessi che rimangono indifferenti alle false grandezze, alle mode effimere, al passaggio dei potenti, allo sfavillio delle nuove ricchezze, e definiscono Roma l’unica città rimasta attraverso i secoli indipendente e sovrana perché ha conosciuto due soli grandi poteri: l’Impero e il Papato. Buon compleanno Roma! E, buon compleanno caro fratellone.

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