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Italia, terra di scorribande per le banche estere

Gennaio 27
17:03 2013

Anche i signori della finanza internazionale sono responsabili dell’aumento del debito pubblico perché hanno venduto i fallimentari “derivati” a Stato e enti locali (Regioni, Provincie e Comuni), con la conseguenza drammatica che i governi di Berlusconi e di Monti hanno dovuto operare tagli alla spesa pubblica in servizi fondamentali come istruzione, sanità, ambiente e ricerca.

Infatti, troppo spesso amministratori pubblici hanno firmato contratti con le banche senza capire che una piccola clausola nascosta in due righe valeva miliardi. È accaduto così che gli stessi amministratori hanno acquistato prodotti finanziari rischiosi, come i “derivati”, che per l’80% hanno fatto perdere denaro alle casse pubbliche. Sono chiamati “derivati” in quanto il loro valore deriva da un contratto sottoscritto che fa riferimento a condizioni che si verificheranno in futuro, condizioni che invece si sono rivelate molto spesso favorevoli per le banche. Da qui il termine di “titoli tossici”.
In realtà gli amministratori pubblici pensavano che ristrutturando il loro debito pubblico potevano ottenere liquidità subito, scaricando i costi su un futuro più lontano. Così pure pensavano (erroneamente) che i “derivati” fossero a costo zero perché nei contratti questo non era stato specificato. Il risultato è stato che lo Stato e molti enti locali hanno acquistato derivati per 193 miliardi di euro. In particolare, gli enti locali hanno iniziato a comprare i derivati nel 2001, quando il ministro Tremonti ha introdotto nella finanziaria di quell’anno il patto di stabilità, cioè il taglio dei trasferimenti di fondi dallo Stato agli enti locali, pari al 4,5% rispetto a quello del 2000. Il medesimo ministro in un comunicato stampa aveva annunciato come un fatto positivo lo sbarco nei Comuni di “sofisticati strumenti finanziari di garanzia” che permettevano “l’estinzione anticipata delle passività”.
Fu allora che si pensò che con questi prodotti finanziari gli enti pubblici potessero cancellare parte dei debiti dai propri bilanci per rinviarli al futuro, a condizioni più convenienti. Così diversi amministratori pubblici trasformarono i mutui degli enti in emissioni di obbligazioni con “derivati” sui tassi. Nel 2005 già 900 enti locali avevano acquistato derivati per 12 miliardi. Ma nel 2007 la Banca d’Italia avvertì che con i “derivati” gli enti locali perdevano un bel po’ di denaro pubblico, in quanto le condizioni di rifinanziamento sottoscritte dagli amministratori con le banche non erano affatto più convenienti. Nel 2008 i derivati fecero fallire un colosso americano come Lehman Brothers. Nello stesso anno Tremonti varò un decreto che vietava a tutti gli enti pubblici di sottoscrivere nuovi derivati. Ma il danno ormai era fatto! Nel 2009 l’ente di controllo Consob (Commissione nazionale per le società e la Borsa) fece scrivere inutilmente un regolamento per permettere ai clienti privati delle banche di ottenere informazioni sulla probabilità di rischio perdita dei prodotti finanziari sottoscritti. Provvedimento che è stato fatto affossare dalle lobby finanziarie, sia al governo Berlusconi che al governo Monti. Ma tornando ai danni provocati alle casse pubbliche, la parola sulla correttezza dei derivati è passata finalmente alle procure. I tribunali di Bari e Milano iniziano contemporaneamente le inchieste.
A Bari, per i contratti sottoscritti con la regione Puglia (governatore Raffaele Fitto) viene messa sotto accusa addirittura la principale banca d’affari del mondo: la Merril Lynch, oggi facente parte di Bank of America. La procura di Bari le contesta proprio un “derivato”, costruito ufficialmente per far risparmiare alla regione Puglia sugli interessi da pagare per un mutuo stipulato con la Cassa depositi e prestiti, ma in realtà lo sconto promesso dalla Merril Lynch alla regione era invece più basso dei relativi costi finali. Insomma la procura di Bari vi intravede gli estremi di una truffa aggravata. E in tutta segretezza il 9 febbraio 2012 la potente banca scende a patti, trattando a Londra con una sparuta delegazione pugliese inviata dal governatore Vendola. La banca accetta di accollarsi i rischi che gravano sul bilancio pugliese per 200 milioni eliminando i titoli tossici, restituisce 870 milioni di euro sottoscritti dalla regione e paga le spese legali. Appena due giorni dopo avviene il fallimento tecnico della Grecia. La Puglia ha fatto appena in tempo a salvare mezzo miliardo di euro! Nella regione Puglia si può festeggiare il trionfo. Ma lo stesso non può avvenire negli altri enti locali.
Anche la procura di Milano ha avviato nel frattempo diverse inchieste che spaziano da Milano a Catanzaro alla Sicilia. Il procuratore aggiunto Robledo arriva a dire che «l’Italia è terra di scorribande per le banche estere». Per i contratti sottoscritti dal Comune di Milano (sindaco Letizia Moratti) arriva a dicembre 2012 la sentenza del tribunale che condanna a 6 mesi di carcere gli uomini delle banche, che hanno venduto i derivati al Comune, e al pagamento delle sanzioni con una confisca di 90 milioni di euro a banche del calibro di Deutsche Bank, Depfa, Ubs e Jp Morgan. Al Comune di Milano, però, questo non frutta niente, perché era sceso a patti prima della sentenza, a differenza dell’associazione Adusbef, che nella causa si era costituita parte civile e può portare a casa 50 milioni di euro. Ma se questi sono i casi che si sono conclusi positivamente, altri casi stanno causando ogni anno perdite colossali per le casse pubbliche italiane. Nel 2012 l’agenzia di stampa Bloomberg ha avvisato che i derivati stanno costando all’Italia ogni anno perdite miliardarie. In particolare, 31 miliardi di dollari solo per il contratto stipulato con la banca d’affari Morgan Stanley, e per 19,5 miliardi di dollari per i contratti stipulati con le banche: Goldman Sachs, Bank of America, Citigroup e Jp Morgan. Il governo Monti ha provveduto a versare 3,4 miliardi di dollari alla banca d’affari Morgan Stanley proprio per chiudere i “derivati” in perdita (utilizzando il gettito fiscale IMU sulla casa). Ma attenzione, questo non è avvenuto su iniziativa del governo tecnico, bensì grazie alla Consob americana che ci ha aiutato a chiudere la posizione in perdita. Eh già, nel 2012 abbiamo avuto il governo dei banchieri!

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