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L’impero del nì: equilibristi indecisi a tutto

Novembre 26
07:19 2012

Vedremo gli esiti, a corto e lungo raggio, delle primarie dei due poli, sperando che ci portino fuori dalla giungla di liane e criptopensieri. Le liane servono per oscillare da un albero all’altro, qualche volta per farci giochi di equilibrismo; i criptopensieri funzionano da fumogeno e passepartout.

Per intanto ci becchiamo l’impero del nì, che proveremo a spiegare nelle sue motivazioni e nei suoi effetti. Naturalmente non è un fenomeno nuovo, nuova è la sua estensione a quasi tutti i personaggi politici. È l’erede aggiornato e quasi obbligato del vecchio politichese, delle convergenze parallele, delle sottotracce e dei sottobanchi. Oggi diventa obbligato a causa della crisi gravissima, della coperta corta, e della frammentazione ipertrofica dei partiti, oltre che delle correnti degli stessi. Perciò non capita più di sentire, né dai capi né dai manovali politici, una risposta alle domande che sia sì o no. Quando parte, la risposta contiene premesse e racconti, poi analisi, infine auspici. Manca un piccolo particolare: la risposta. Si sa bene che l’attività politica ha ricercato sempre, più che tendere al benessere comune, la via di non scontentare i più; ma ora si esagera. Nessuno ha, o può avere, il coraggio di esporre con chiarezza le proprie idee, ammesso che le abbia, e così rinasce il “ma anche” di veltroniana memoria che crea, appunto, una giungla di rami ai quali appigliarsi a seconda del bisogno.
Nelle contingenze contemporanee tutti hanno bisogno di tutti, tutti sdoganano tutti, tutti, non scegliendo a quale altezza attaccare il quadro, si danno martellate sulle dita e fanno una infinità di buchi. Il grande sociologo Franco Ferrarotti ha indicato come mali principali, del tempo che viviamo, l’incertezza e la paura. Una analisi in apparenza semplice se la si ricollega solo ai fatti. Certo se le risorse scarseggiano e il lavoro si allontana o addirittura arretra, che può esserci se non incertezza e paura del futuro? L’analisi invece deve essere approfondita, e ricercare a monte e nei comportamenti soggettivi le cause di questi mali. Esse sono nella indecisione a decidere e nella mancanza di coraggio di dire la verità, fosse anche quella delle difficoltà in essere e dei rischi di decidere. Insomma, senza punti fermi o di riferimento, i mali che già ci sono si allargano e sfuggono di mano fino ad avvicinarsi alla catastrofe. Sarebbe come una burlesca previsione del tempo che dica: pioverà, o sarà sereno, o nuvoloso soltanto; o se un artista ad un eventuale cliente promettesse un quadro astratto ovvero figurativo. In entrambi i casi un danno, e soldi spesi a vuoto, nella realtà o almeno per le attese dei ‘clienti’. La chiarezza, la decisione, il progetto, giusti o meno che siano, hanno un valore intrinseco: danno certezza sulla strada da percorrere e rassicurano i cittadini che percepiscono di essere in qualche maniera guidati. Per questo i tatticismi e gli opportunismi nascosti dietro le risposte evasive o artatamente onnicomprensive contribuiscono, insieme alle ruberie e alle insipienze di fondo, al tante volte ricordato allontanamento dalla politica. La cosiddetta gente vuole capire, soprattutto capire con chi ha a che fare; e naturalmente è più spaventata da un imbroglione e da un ‘tentenna’ che, per assurdo, da un ladrone manifesto. Se non altro è più facile prendere contromisure e controdecisioni. Chissà che con una maggiore chiarezza e linearità dei rappresentanti politici non si verifichi il ritorno alle urne e alla partecipazione attiva nelle cose pubbliche dei disorientati cittadini.

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