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Lo Stato assente nella difesa del diritto alla salute

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Gennaio 14
10:44 2014

campania-felixNella Terra dei fuochi, tra Napoli e Caserta, si anni muore di linfoma

Dove c’era una volta la Campania Felix, ricca di alberi da frutto, uliveti e vigneti, oggi c’è un immondezzaio di veleni e rifiuti tossici non trattati. Nel corso del 2013 il parroco di Caivano don Maurizio Patriciello ha ripetuto alle Autorità e alla stampa che “le denunce da parte dei cittadini ci sono state, ma lo Stato non si è mosso”.

A causa di una discarica di oltre 10 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi c’è un’alta mortalità tra gli abitanti dei Comuni circostanti, e soprattutto di Caivano, Giugliano, Casalnuovo, Casal di Principe. Abitanti che per decenni hanno richiesto l’intervento delle Forze dell’Ordine nel vedere le file di camion attraversare le loro terre e scaricare rifiuti tossici che venivano bruciati sul posto.
Oggi i comitati della Terra dei Fuochi denunciano che tutte le istituzioni sapevano ed hanno lasciato per ben trent’anni che un sistema d’affari di miliardi prosperasse intorno al ciclo dei rifiuti pericolosi. Il pentito Carmine Schiavone è uno dei boss del clan dei casalesi che ha gestito il grande traffico dei rifiuti pericolosi in Campania sino al 1992 (anno del suo arresto) ed è uno dei pochi a conoscere la verità sulla collusione in detto affare tra camorra ed istituzioni. Purtroppo, molte dichiarazioni di Carmine Schiavone restano coperte dal segreto di Stato, posto dalla Commissione parlamentare d’inchiesta nel 1997. Ma vediamo brevemente la carriera di mafioso di Carmine Schiavone. È nel 1974 che egli inizia, con “pungitura” a Milano per mano di Luciano Liggio, a gestire il comparto costruzioni ed opere pubbliche a Caserta e dintorni: dieci miliardi di lire al mese da spartire ed investire. Nei primi anni ’90 accetta di mettere immondizia sotto una strada. In seguito, quando si accorge che tra le ecoballe ci sono fusti tossici, rompe l’accordo. Viene minacciato, lui non ci sta e gli fanno una soffiata. Arriva l’arresto e il carcere. Da pentito parla e vengono arrestati 1.500 affiliati. Nel 1997 racconta ai magistrati che lo interrogano che «fino al 1992 i camion portavano l’immondizia dal nord e dalla Germania, venivano riempite le cave e il tutto si ricopriva di terra frutto degli scavi delle imprese s.p.a. della camorra. Queste imprese erano attive nel movimento terra e prendevano in subappalto gli scavi da grandi consorzi nazionali dell’edilizia, per la costruzione di superstrade, raccordi e per il risanamento della rete dei canali dei Regi Laghi».
È la “camorra s.p.a.” a smaltire vernici provenienti dalle ditte del Nord e scorie nucleari provenienti dalla Germania. Tutto questo era gestito insieme agli altri boss: Francesco Schiavone, detto Sandokan, Mario Iovine, Francesco Bidognetti ed altri. Ma anche la massoneria aveva un ruolo nel business. Cioè la P2 di Licio Gelli. E non solo. Carmine Schiavone recentemente nella trasmissione televisiva di Servizio Pubblico ha detto che nel 1993 fece verbalizzare ai magistrati il nome della società di Milano, collegata alla P2 di Licio Gelli, che portava a Casal di Principe i rifiuti radioattivi. «Ma dove sono finiti i verbali – ha detto – dove parlo di Paolo Berlusconi?» Comunque – precisiamo – contro Paolo Berlusconi non è mai stata esibita nessuna prova. Ma il mistero resta. Il fratello Silvio all’epoca era iscritto alla medesima loggia massonica P2 con la tessera n.1816. Le inchieste giudiziarie hanno raccontato, invece, il coinvolgimento del politico Nicola Cosentino del Pdl. Dopo il 1992 – ha raccontato Carmine Schiavone – l’ala della camorra che si è consolidata intorno all’affare dei rifiuti tossici è quella di Michele Zagaria (anche lui arrestato), dei fratelli Orsi e di Gaetano Vassallo.
Si sa che dal 1991 sono state portate avanti ben 82 inchieste giudiziarie, con 433 aziende coinvolte del Centro Nord, 915 ordinanze di custodia cautelare e 1.806 persone denunciate. L’agente della Criminalpol Roberto Mancini per quelle indagini del 1993 sorvolò in elicottero le terre avvelenate. Al suo fianco c’era Carmine Schiavone che gli indicò i campi dove il suo clan sotterrò i rifiuti pericolosi. L’agente Mancini passò giorni interi camminando su quella terra a prendere misure, a segnare i punti di scavo, seguire i carotaggi e prendere appunti. E per questo da 10 anni ha un linfoma, un tumore tipico della Terra dei fuochi. Nella trasmissione di Servizio Pubblico l’agente medesimo esprime amarezza e delusione dicendo che lui credeva nella legalità ed ha visto sprecare un lavoro rischioso e duro. Perché quando consegnò il suo rapporto sulle sue ispezioni in Campania “i giudici furono entusiasti, ma dopo pochi giorni cambiarono idea e dell’inchiesta non rimase nulla, probabilmente per le troppe pressioni su di loro. È provato che ci fu l’intervento della massoneria” che bloccò i giudici. L’agente Mancini è stato tutelato dallo Stato nel suo diritto alla salute? E gli abitanti dei Comuni di quella zona? Molti bambini sono morti di tumore ed altri moriranno.
I contadini delle terre a pochi metri dalla aree interessate alla discarica oggi dicono: «La politica sapeva ed ha mangiato, mentre noi siamo rovinati. I nostri prodotti agricoli non li compra più nessuno». I comitati della Terra dei fuochi giudicano il decreto del governo Letta parziale e tardivo perché solo oggi prevede il reato per chi incendia i rifiuti. Inoltre, lanciano l’allarme sul rischio che i contribuenti italiani debbano pagare “ai soliti noti” 6,5 milioni di euro per la bonifica, oltre a 356 milioni per costruire un nuovo inceneritore a Giugliano, dopo quello di Acerra. Essi dicono che chi ha avvelenato incassando miliardi, ora vuole continuare a fare i soldi bonificando. Anche il commissario Mario De Biase e il governatore della Campania Stefano Caldoro (Pdl) denunciano il fatto che “i troppi ribassi sospetti per la gara di appalto lasciano pochi dubbi”.
In particolare, i comitati della Terra dei fuochi vogliono portare alla ribalta il caso della discarica Resit di Giugliano, di proprietà dell’avvocato Cipriano Chianese, come esempio del sistema di potere retto da imprenditori, mafia, politica e istituzioni, che si è sempre erroneamente pensati ben distinti tra loro. Nella discarica predetta sono state interrate 200mila tonnellate di fanghi della bonifica dell’Acna di Cengio, considerati veleni per le generazioni future. Ma chi è questo potente avvocato che la procura di Napoli, direzione distrettuale antimafia, considera l’inventore dell’ecomafia in Campania? Dalla fine degli anni ’80 l’avv. Chianese è consulente dei Casalesi, e soprattutto del boss Francesco Bidognetti, nel grande affare dei rifiuti tossici lungo l’asse nord-sud benedetto da massoni. Viene arrestato nel 1993 e poi assolto, anche se (a detta dei giudici) il suo ruolo emerge nel traffico illecito. Nel 1994 è candidato, non eletto, alla Camera dei deputati con Forza Italia. Risulta amico di generali dei carabinieri e di agenti dei Servizi. Dal 2002 al 2003 lavora come braccio imprenditoriale del commissariato di governo, per essere poi nuovamente arrestato nel 2006. Le sue discariche finiscono sotto sequestro, ma (raccontano i pentiti) continuano le attività almeno fino al 2009.
Nel 2010 il pentito Della Corte rivela che il collaboratore dell’avv. Chianese gli aveva chiesto di eliminare, per conto del medesimo Chianese, un magistrato della procura di Napoli che stava facendo delle indagini sui conti dell’avvocato. Il compenso poteva arrivare a un milione di euro. Recentemente Cipriano Chianese, già agli arresti domiciliari perché imputato per disastro ambientale ed avvelenamento delle acque, con l’aggravante di aver agevolato l’associazione mafiosa dei casalesi, è stato riportato in carcere per estorsione aggravata dal metodo camorristico ai danni di un altro imprenditore. Ma può ancora sperare nell’amnistia per come vanno le cose in Italia (sic!).

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