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Un altro giorno, un’altra mosca, per caso…

Luglio 06
23:00 2007

Era un’estate torrida, ma mai quanto quella precedente; eppure, da quando alloggiavo presso la piccola Emily, non avevo mai visto una quantità tale di agguerrite zanzare. Ve n’erano ovunque, piccole ed impudenti, sempre pronte a ronzarti addosso anche quando, inutilmente, nella rabbia di una morsa, si scagliava, fulmineo, il palmo richiudendosi.
C’era una vasca con dei pesciolini rossi nel suo fiabesco giardino, contornato, qua e là, di gnomi e folletti adombrati tra la vegetazione. Da qualche mese Romeo e Giulietta, i due pesciolini, avevano prole al seguito, ovvero il piccolo Ughetto. Le condizioni ambientali dovevano, quantomeno per loro, essere più che mai favorevoli. In quanto a cibo, non ne mancava di certo. Larve di fresche e genuine zanzare abbondavano nello sfavillante equilibrio di un ecosistema rigenerato con le sole forze di madre natura.

Emily, proprio quel giorno, mi annunciava, con innocente gioia, che degli stranissimi ed altrettanto sorprendenti funghi erano cresciuti nella padella abbandonata ai bordi del lavello. Lo schermo del computer che utilizzavo era sommerso di carte, sovrapposte a libri, CD, chincaglieria e quant’altro in possibili, inusuali sorprese. Il cattivo odore che si celava oltre il gruppo di memoria fin avantieri, altro non era che del salame casualmente occultato.
Il momento più critico era, comunque, il tramonto. Una sete di sangue cresceva, smisurata ed improvvisa, in quei minuscoli ed avidi insetti. Le livide piaghe dei raschiamenti susseguiti ai salassi seguitavano, puntualmente, ad essere martoriate. Lo schermo era lì, pronto a risplendere di luce propria col favore delle tenebre. Lume nella notte contornato da una miriade d’insetti. Ne avevo sempre osservati, fin da bambino, sotto i lampioni, indaffarati a girovagarvi intorno; talvolta prede di fuggevoli pipistrelli. Da Emily ne avevo un intero e variegato sciame a pochi centimetri, probabilmente e mia insaputa, del tutto presi dalla trama di quanto, versando tributi di sangue, digitavo sulla tastiera. Sarà per il fatto che le notti insonni risultino, spesso, troppo lunghe o, più semplicemente, per qualche lacuna d’ispirazione, tra lo scorrere del ritmo della tastiera, nell’ansia di una presunta solitudine o non so cosa ma, soffermandomi sullo schermo, notavo, da qualche tempo, una strana mosca. Pareva timida; si dava da fare meno delle altre, voglio dire che non si agitava tanto nello svolazzare quanto, metodica ed attenta, esplorava la barra strumenti di “Word” riposta in alto. Sembrava avere uno straordinario rispetto e considerazione per l’insolito ambiente che aveva intorno. Non si spingeva mai, avventatamente, nelle aree più centrali del video. Restava, perlopiù, nel suo bordo in alto e, di tanto in tanto, faceva qualche capatina sul testo per poi, con un saltello, ripiegare verso i suoi margini. Si lasciò andare del tutto, percorrendo l’intero schermo con inaudita audacia e disinvoltura, solo quando, tra un aggiornamento e l’altro del mio sito, comparve la mia home page. Era rimasta fatalmente attratta da un semplice script, che animava un’altra mosca a video. Come si apriva il file in questione perdeva ogni remora e si lasciava andare traversando, incrociando ed infine attorniando il piccolo “GIF” in digitale. Emily era inverosimilmente entusiasta di questa buffa storia e non perdeva più occasione per sedersi al mio fianco invitandomi, ripetutamente, ad aprire la pagina. Ne nacque una specie di fiaba in “reality show”. Insomma, l’irrefrenabile fantasia di Emily, ed io stesso complice, vide principi, principesse ed eterni, sospirati amori prendere forma. Poi, la mamma di Emily, fece ritorno in casa. Sbuffò, nauseata, per tutto quell’inferno di depresso disordine. Chiuse ermeticamente porte e finestre. Spruzzò quanto più insetticida possibile nell’ambiente e, soddisfatta, commentò tra sé:
– Domani potrò finalmente tornare a pulire…- .

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