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Un ‘robot sapiens’ per l’handicap

Giugno 01
02:00 2007

L’idea di un incontro che mettesse a contatto gli alunni di un istituto superiore ( 4 classi liceali dalla seconda alla quinta comprendenti ciascuna uno o più non vedenti) con la dimensione della ricerca e le sua implicazioni funzionali al miglioramento della condizione umana, nello specifico quella dei portatori di disabilità, è nata dall’impressione che si vada creando una contraddizione sempre più forte tra intenti programmatici e sensibilità effettiva nei confronti dell’handicap. Da una parte, infatti, sul versante delle grandi istituzioni internazionali, abbiamo assistito di recente ad un atto di grande rilevanza etica: la firma a New York il 30 marzo scorso della Convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità, frutto di oltre quattro anni di lavoro e adottata nel dicembre 2006 dall’Assemblea generale dell’ONU. A questo evento, la prima convenzione internazionale del terzo millennio in materia di diritti umani, era presente per l’Italia il Ministro della Solidarietà sociale on. Paolo Ferrero, che nel suo intervento ha dichiarato: ”La Convenzione Internazionale riguarda ogni Paese del Mondo, ogni comunità. ogni scuola, ogni famiglia, ogni individuo, indipendentemente dalla propria condizione fisica o mentale”.
D’altra parte però, sul versante della prassi concreta , nel quotidiano, e nella scuola in particolare,all’interno del nostro paese ci sembra di assistere quasi ad un affievolirsi della sensibilità verso le tematiche dell’handicap. Basti pensare alle indicazioni che ci vengono dai recenti fatti di cronaca, che hanno visto soggetti disabili esposti al ludibrio, o a veri e propri atti di violenza da parte di coetanei. Ma anche nell’ambito delle politiche scolastiche, a fronte di un accresciuto numero di alunni in situazione di handicap, la risposta è stata tiepida e ha sofferto i condizionamenti contingenti di varie finanziarie con i conseguenti tagli agli investimenti per la qualificazione e l’impiego del personale docente, per il quale si è adottato sempre più l’escamotage dei cosiddetti posti in deroga, costituiti sull’emergenza per un solo anno scolastico.
Tutto ciò suscita tanto maggiore perplessità in quanto il nostro Paese è stato all’avanguardia nell’avviare il processo di integrazione dei soggetti disabili, mentre ancor oggi nella maggior parte dei Paesi Europei non è previsto all’interno di classi ‘normali’ l’inserimento di portatori di handicap, per i quali continuano ad essere predisposte scuole speciali differenziate. In Italia invece, già nel 1977, dunque trenta anni fa, il Parlamento approvava la legge 517 con cui si avviava l’integrazione scolastica degli alunni con handicap. Prima di allora i soggetti disabili erano esclusi dal sistema dell’istruzione regolare e ‘relegati’ in istituti speciali, volti più a realizzare il conseguimento di abilità tecnico-professionali che non ad impartire una formazione completa, come ci ha rappresentato di recente anche il suggestivo film di Cristiano Bortone Rosso come il cielo. In questo (ma un tema analogo era sviluppato anche in Figli di un Dio minore di Randa Haines nel 1986) la dinamica dell’azione contrapponeva la sensibilità attenta e innovativa verso l’handicap da parte di un giovane insegnante, ad una gestione astratta e paternalisticamente autoritaria dell’ istituzione. La legge 517/77 , di fatto, formalizzava le conclusioni contenute nel “documento Falcucci”, la cui Premessa recitava: ”I soggetti con difficoltà di sviluppo, di apprendimento e di adattamento devono essere considerati protagonisti della propria crescita. In essi infatti esistono potenzialità conoscitive, operative e relazionali spesso bloccate dagli schemi e dalle richieste della cultura corrente e del costume sociale”. Ed è proprio su questo che si è voluto porre l’accento organizzando l’incontro all’ Istituto romano Sette Chiese, sulla necessità non soltanto di potenziare i dispositivi di carattere legislativo a favore dell’handicap, ma di incentivare anche tutte quelle tecnologie che possano rafforzare nei soggetti disabili l’obiettivo dell’autonomia, e nel ‘costume sociale’ il diritto per questi soggetti di agire e non di essere agiti, secondo lo slogan “nulla su di noi senza di noi”. Che questa indicazione fosse recepita proprio all’interno della scuola e da protagonisti della scuola stessa, gli studenti cioè, era l’obiettivo che ci siamo posti, e che la piana e competente esposizione di Armando Guidoni (coadiuvato da Consuelo Zampetti e dalla toccante esperienza personale di Emanuela Pancotti) ci hanno aiutato a trasmettere all’attentissimo uditorio dei ragazzi intervenuti.

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