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Duemilacentesimo dell’Unità d’Italia

Duemilacentesimo dell’Unità d’Italia
Febbraio 28
10:17 2011

Di-Giacomo-LUnit-dItaliaL’area italiana fu abitata per quasi tutto lo svolgersi delle età preistoriche da genti definite genericamente Mediterranee¹. Riguardo ai rapporti che queste intrattennero con i dirimpettai marini, non vanno trascurati né gli elementi lessicali comuni al greco e al latino, né l’intensità dei rapporti culturali, attestati archeologicamente, con il Mediterraneo orientale durante il neolitico e la prima età dei metalli, tanto che è lecito parlare di ‘colonizzazioni’ preistoriche delle coste italiane e della Sicilia. Per iniziare il nostro racconto è verosimile immaginare la penisola a un punto di equilibrio nel quale le genti ‘autoctone’ furono distribuite a occuparne l’intero territorio che, seppur scarsamente popolato, risultò interessato da una sorta di regionalizzazione primitiva che farà da proscenio ai successivi eventi immigratori. Le fonti storiche, i dati archeologici e soprattutto il fatto che ancora in tempi protostorici la situazione era abbastanza ben delineata, permettono di comporre un quadro plausibile per quanto concerne il Nord Italia. Il nord-ovest (attuali Liguria, Piemonte, Valle D’Aosta, Lombardia, parte della Toscana e dell’Emilia) era occupato dai liguri che estendevano il loro dominio oltre le Alpi (Gallia Meridionale) e alla Corsica. A est dei liguri l’arco alpino veniva abitato da un vasto agglomerato di popoli montanari che gli antichi definiranno raeti, incentrati soprattutto intorno all’alto e medio bacino dell’Adige, ma altresì estesi a ovest fino alla Valtellina e largamente al di là dello spartiacque fino al lago di Costanza. Verso la pianura padana il territorio dei raeti appare in diretta continuità con quello degli euganei, tanto da far ritenere una originaria connessione fra i due popoli, come lascia desumere il culto della dea Reitia di Este di origine reto-euganea. Gli euganei, ricordati dalle fonti come preesistenti ai veneti dai quali furono sospinti verso l’arco alpino, dovettero occupare originariamente la bassa valle dell’Adige e le regioni limitrofe. Anche per la Sicilia e la Sardegna la situazione è abbastanza chiara in quanto la prima appare abitata diffusamente dagli autoctoni sicani, l’altra dai sardi che mostrano remoti legami con l’area iberica e con il basco da far pensare all’antichissimo substrato ispano-caucasico, anche se l’originalità e l’unicità della civiltà nuragica rimane inconfutabile. Ricostruire la situazione nel resto della penisola è più arduo poiché i successivi eventi immigratori stravolgeranno completamente il contesto; le nuove genti assorbiranno le genti indigene o le emargineranno in aree periferiche. Sulla punta della penisola, però, è accertata, tra le altre, la presenza degli itali, tra i primi a entrare in contatto con i greci di Eubea e ispiratori del nome della futura nazione; è lecito lasciarsi sedurre dalla suggestione di considerarli gli antenati del popolo italiano. Ma il fatto più saliente per i futuri destini del mondo italico è il diffondersi di genti e di lingue indoeuropee che, originate nell’Europa centro orientale, attraverso le Alpi Orientali, la bassa valle del Po e l’Appennino Tosco-Emiliano, si riverseranno lungo la Penisola a ondate successive. Per l’estensione e la profondità del fenomeno dobbiamo ritenere che esso avesse avuto inizio in un’epoca preistorica antica, corrispondente forse all’enolitico se non addirittura al neolitico, e che l’espansione romana e l’adozione generale della lingua latina siano giunte a suggello di tale vicenda quale amalgama delle lingue indoeuropee precostituite: lo stesso latino, l’osco-umbro, il venetico e il messapico. Riguardo le altre culture che pure hanno rivestito un ruolo di rilievo nella formazione dell’etnia italiana va evidenziato che quella etrusca comparirà in età protostorica mentre la greca e la celtica verranno introdotte solamente in epoca storica. Nella ricostruzione dei primi movimenti delle genti indoeuropee in Italia, uno dei dati emergenti è la contesa che s’instaurò per la bassa valle del Tevere, per il sito cioè che assisterà all’incontro-scontro Etrusco-Sabino-Latino e che in seguito rappresenterà la culla di Roma. E proprio qui sembra attestarsi la prima ondata indoeuropea rappresentata dai siculi e dagli ausoni, popoli che in seguito, sotto la pressione degli alborigeni, antenati dei latini, si spingeranno a sud, gli uni ad occupare la Sicilia marginandone la cultura indigena dei sicani all’estremità occidentale, gli altri a spandersi nel meridione. Il relativo spopolamento del sud d’Italia a quel tempo appare evidente dall’estensione e dalla dispersione che poté assumere l’insediamento ausonico, che numerose fonti attestano dalla Puglia alla Calabria alla Sicilia e soprattutto in Campania. Ciò spiega perché l’Italia, nella sua accezione geografica originaria, sia stata chiamata anche Ausonia e del pari si parlò di mare Ausonio per lo Ionio e per il Tirreno. Secondo la vulgata, avvalorata dalla ricerca archeologica, gli enotri, originari dell’Arcadia, sarebbero immigrati in Italia dal mondo greco in tempi anteriori ad ogni altra colonizzazione leggendaria. Di fatto erano ritenuti abitatori del tratto della penisola compreso tra il golfo di Taranto e lo stretto di Messina, con penetrazione verso l’interno montuoso, dove avrebbero fondato molte «città piccole e addensate» (Dionigi d’Alicarnasso I, 12). L’unità linguistica sicula, ausonia e proto latina, nonché antichissimi legami rituali fra Lazio e Italia meridionale testimoniano le comuni origini. In Campania al popolamento ausonico la tradizione antica affiancava il popolo indigeno degli opici il cui nome, latinizzato in osci, restò a designare l’elemento italico in questa regione. I latini, soppiantati i siculi e gli ausoni, s’insedieranno nella bassa valle del Tevere e nell’area a sud-est di questa centrata sui monti Albani e comprendente la fascia tirrenica sino a Terracina (Latium Vetus), confinante con gli ausoni campani, che saranno gli aurunci storici. Gli abitanti dell’estremità sud-orientale della Penisola (attuale Puglia) si ripartivano territorialmente in messapi (penisola Salentina), paucetii (territorio barese) e daunii (foggiano). In quest’area, che i romani chiameranno Apulia, è attestato il sovrapporsi di genti di provenienza transadriatica a un preesistente strato etnico paleoitalico e ausonico. La lingua indoeuropea, diversa dalle altre dell’Italia antica e con affinità balcaniche, viene designata come «lingua messapica». Successivamente ai latini, sopraggiunse nella Penisola il raggruppamento etnico e linguistico più considerevole dell’Italia antica costituito dagli umbro-sabelli, la cui lingua, pur nella varietà delle parlate locali, appare ben definita nel suo carattere indoeuropeo. Oltre alla lingua, sono la radice sabh-, saf-, alla base dei termini sabini, sabelli, samnites, samnium e alcuni aspetti peculiari delle loro istituzioni che ci permettono di considerare questi popoli come appartenenti a una stessa schiatta. Queste genti, quale sia stata la loro antica origine, dovevano esistere ben definite già nell’età del bronzo finale, in gran parte dell’Italia centrale e in parte dell’Italia meridionale a occuparne la fascia appenninica con puntate verso il mare, più decise nell’area Umbro-Sabina ove occuparono quasi completamente la costa adriatica dall’Apulia al Veneto e la costa tirrenica compresa tra i territori dei liguri e dei latini (Toscana e alto Lazio). A nord dell’Apulia, la fascia medio adriatica mostra un imponente fenomeno culturale arcaico riconducibile all’area pugliese sul quale s’innesta la civiltà dei piceni, popolazione discendente dai sabini. Più a nord, sempre lungo la costa adriatica, nell’«Venetorum angulus», compreso all’incirca tra l’Adige e le Alpi orientali, si stanziarono i veneti, un popolo di lingua indoeuropea, distinta ma non del tutto dissimile dal latino. Nel meridione gli sbocchi sul mare saranno più ardui da conquistare e così i sanniti rimarranno a lungo confinati nelle aree montuose del Molise e della Campania, come più a sud i lucani e i bruttii attestati rispettivamente sugli appennini lucano e calabro. Ed è in questo contesto che faranno la loro sontuosa entrata in scena i tirreni. Riferisce Erodoto: «Oltrepassati molti popoli giunsero al paese degli Umbri, ove costruirono città e abitano tutt’ora…». E saranno proprio gli etruschi a tentare una prima unificazione della penisola italiana che in buona parte riuscì, se Tito Livio potrà affermare (Livio I, 2): «La potenza degli Etruschi era così grande che la fama del nome loro empiva non solo la terra, ma anche il mare in tutta l’estensione delle coste italiche, dalle Alpi al mar di Sicilia…»; difatti il dominio etrusco si estese dalla Retia alla Campania, e le navi Tirrene dominarono e nominarono i mari Tirreno e Adriatico. Gli etruschi non furono un grande popolo e probabilmente non furono neanche un popolo, ma è fuor di dubbio che costituirono una civiltà enorme, che tra quelle germogliate sul suolo italico può essere considerata seconda solo a quella romana, che ne raccoglierà il testimone. La grandezza di Roma si evidenzia nel 509 a.C. quando, la stipula del primo trattato con Cartagine, la erge a potenza mediterranea. Nel 486 a.C. è il foedus Cassianum che stabilisce parità di diritti tra Roma e la Lega Latina in un’alleanza che si rafforzerà con la successiva adesione degli ernici e con una serie di imprese vittoriose contro gli equi, i volsci e gli etruschi del sud. Nel 396 a.C. la caduta di Veio le apre le porte all’Etruria e l’alleanza con Cere (353) ne consoliderà il dominio che ora va dai monti Cimini a Terracina. Le guerre sannitiche (343-290 a.C.) consentiranno l’estendersi del dominio di Roma alla massima parte dell’Italia centrale. Il III sec. vede la conquista romana in Etruria e nell’Italia meridionale rispettivamente sancite dalla vittoria al lago Vadimone (283 a.C.) sulla coalizione Gallo-Etrusca e da quella di Benevento (275 a.C.) contro Pirro e la parte di Magna Grecia ostile a Roma. Nella II metà del III sec. a.C. le vittorie nella I e nella II guerra punica segnano la conquista di Sicilia, Sardegna e Corsica. La prima metà del II sec. è dominata dall’espansione a nord del Po, a comprendere l’arco alpino, a spese dei Liguri, dei Galli, degli Istri e dei Dalmati. La fondazione delle colonie nell’Italia settentrionale s’intensifica nel I sec. a.C. allorché si verifica un fatto istituzionale di primaria importanza per la storia italiana: viene concessa la “cittadinanza romana” a tutte le genti della penisola, allargata fino alle Alpi sul finire della Repubblica. Correva l’anno 632 dalla fondazione di Roma: “l’Unità d’Italia” era compiuta.

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